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Pop Corn del Weekend: Devilman Colpisce Ancora

Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Live and Let Die” – Guns And Roses 

Per una volta non sono qui per lamentarmi di un possibile flop Netflix, ma, anzi, per fare dei complimenti. Devilman Crybaby, l’adattamento del manga ed anime di Gō Nagai, ha avuto un gran successo anche molto meritato. Il team di animazione ha presentato un’intera stagione con uno stile di disegno da rendere belli anche i demoni più atroci e, finalmente, una storia che ha effettivamente senso di esistere. 

Back to The Original

Certo, ci dovremmo pensare due volte prima di adulare così tanto Netflix: alla fine la storia già c’era e già era stata proclamata un capolavoro

Go Nagai e il personaggio della serie originale Ph. Credits DevilmanGoNagai su Instagram

Il manga di Gō Nagai, infatti, è uscito nel 1972 e ha conquistato milioni di cuori sia in forma cartacea sia tramite la serie TV.  In poche parole: c’è un ragazzo, Akira Fudo, che viene posseduto da un demone. Semplice no? No, non proprio, perché appartiene ad un’intera razza che, un tempo, popolava la terra e che –puntualmente– ora vuole riprendersela. Sia la possessione di Akira sia tutte le informazioni spiegate sono raccolte da Ryo Asuka, il migliore amico del protagonista, che ha passato anni a fare ricerche su queste forme di vita. 

“Io non sono un demone… Sono Devilman” – Guarda caso, Devilman

Inoltre, tra tutti questi umani che vengono mangiati ed impossessati da demoni, lui è l’unico –o quasi– che riesce ad opporre resistenza e continuare ad avere una coscienza propriaGrazie a questo Akira riesce a diventare il salvatore dell’umanità nelle sue vesti di Devilman.

Qualche Cambiamento 

Anche i capolavori hanno bisogno di ristrutturazione, quindi è entrata in gioco la crew di Netflix: lo hanno trasformato con nuovi dialoghi, piccole aggiunte alla trama e un nuovo stile di disegno

Ed ecco a voi… Devilman Ph. Credits Mitskvs su Instagram

Questi piccoli dettagli in più, però, non sono dei migliori: per esempio il remake si sofferma molto all’inizio su Akira che, ogni tanto, scoppia a piangere senza motivo dicendo “Lui è triste e io lo sento”. Questa cosa non ha nessuno spazio nell’originale e non è spiegata nemmeno nella versione di Netflix. –L’unica cosa con cui si può spiegare è una connessione di forte empatia con il suo amico Ryo, ma che comunque non ha molto senso-. Le uniche cose su cui ci potrebbe essere da ridire sono tutte di questo tipo, per il resto anche il remake è molto buono e dettagliato, con animazioni ben fatte e colori sgargianti. Le uniche avvertenze che vi posso dare sono di: tenere un pacchetto di fazzoletti vicino -Già, anche qui, c’è da piangere.- e lo schermo lontano dai vostri genitori. – il fanservice è stato molto apprezzato dagli animatori in questa serie-. 

Scritto da: Morgana Stefanutti