lorem ipsum blabla bla

Aborto: storia di un diritto

Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Women of the World: Take Care” – Jim O’Rourke 

Il fatidico 25 settembre si avvicina e in alcuni programmi elettorali compaiono accenni ad un tema da sempre fonte di discussione e dibattiti: l’aborto

Non starò qui ad analizzare le proposte dei vari partiti perché, alla fine, come ha affermato a L’Espresso Federica di Martino, fondatrice della piattaforma “IVG, ho abortito e sto benissimo : “quanto si legge nelle proposte elettorali sono più slogan che proposte concrete” 

Vi starete chiedendo per quale motivo io abbia deciso di scrivere proprio un articolo sull’aborto. 

Per rispondere a questa domanda userò una citazione dell’avvocata Florynce Kennedy:

“Se gli uomini potessero restare incinti, l’aborto diventerebbe un sacramento”
– Florynce Kennedy 

Ebbene, nonostante sia il 2022, il diritto a scegliere liberamente per se stessi non sembra essere stato ben interiorizzato e infatti, il corpo della donna risultata ancora un corpo “politico”, un affare di completi estranei che credono di avere la priorità su di esso.

Se si vuole allora discutere ancora di aborto, che si faccia avendo le conoscenze giuste.

Ecco perché ho deciso di immergermi e trascinarvi nella storia del diritto all’aborto, una storia fatta di lotte e referendum, per capire, in Italia, da dove siamo partiti, come sono evolute le cose e dove siamo adesso

Legge 194/1978

In Italia, interrompere volontariamente una gravidanza è un diritto, sancito e regolato dalla famosa e discussa legge 194 del 1978.

Secondo la legge, l’aborto è possibile entro e non oltre i tre mesi dal concepimento. È possibile nel quarto e quinto mese solo per motivi terapeutici

La donna che decide di interrompere la gravidanza può farlo rivolgendosi ad un consultorio, ad un ospedale o al proprio medico curante

Ma da dove nasce questo diritto? Quanto si è dovuto lottare per conquistarlo?

Back to 70”

Siamo nei pieni anni ‘70, anni di grandi tensioni e trasformazioni

I movimenti femministi iniziano a lottare per un nuovo grande obiettivo : legalizzare e regolamentare l’accesso all’aborto, superando una legge che, in Italia, risaliva al 1930, al codice penale dell’Italia fascista.

Per quella legge l’aborto era “un atto contro la sanità e l’integrità della stirpe” – solo leggere questa frase mi gela il sangue – e qualunque donna avesse osato autoprocurarsi l‘aborto, senza avvalersi dell’aiuto di un’altra persona, sarebbe stata punita con la reclusione da uno a quattro anni, mentre se aiutata, da due ai cinque anni. 

Per farla breve, prima del 1978, l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), in qualsiasi sua forma, era considerata un reato dal codice penale italiano. 

Questo naturalmente non significava che l’aborto non venisse praticato. 

Rischiare la vita…

Succedeva spesso che donne, determinate a non portare avanti una gravidanza indesiderata, si affidassero a strutture clandestine o alle cosiddette “mammane” , che praticavano l’interruzione di gravidanza con metodi approssimativi ferri da calza e pompe per biciclette – in condizioni spesso pericolose, mettendo a rischio la vita delle donne che si rivolgevano a loro.

Ma tornando a noi…

Primi passi 

Il primo disegno di legge sull’interruzione di gravidanza viene presentato nel 1973.

Viene prevista la legalità dell’aborto terapeutico

Eh Zah, ma che vordì?

In poche parole, diventa legale interrompere chirurgicamente una gravidanza in caso di rischio per la salute fisica o psichica della madre, o in caso di malformazioni fisiche e mentali del nascituro, garantendo inoltre ai medici il diritto all’obiezione di coscienza.

Il dibattito civile si accende 

In questo clima di tensione, molti intellettuali, da Pasolini a Moravia, da Eco a Calvino, esprimono la propria opinione, a differenza invece dell’apparato politico, che cerca di temporeggiare e procrastinare una questione che si fa sempre più vitale – chissà perché non mi stupisce…-.

Per comprendere l’atmosfera dell’epoca vi lascio un pezzetto della lettera sul tema che Calvino scrisse a Claudio Magris

“Nell’aborto chi viene massacrato, fisicamente e moralmente, è la donna; anche per un uomo cosciente ogni aborto è una prova morale che lascia il segno, ma certo qui la sorte della donna è in tali sproporzionate condizioni di disfavore in confronto a quella dell’uomo, che ogni uomo prima di parlare di queste cose deve mordersi la lingua tre volte
– Italo Calvino

Compromessi

Corre l’anno 1975 quando c’è bisogno di una sentenza della Corte Costituzionale per :

  1. stabilire la differenza tra un embrione ed un essere umano;
  2. per sancire la prevalente importanza della vita della donna rispetto a quella del nascituro.

Nello stesso anno viene eliminato l’articolo 546 del Codice Penale, che prevedeva la reclusione sia per la donna che aveva deciso di abortire che per chiunque l’avesse aiutata – del tipo “se affondo io, affondi pure tu”-.

Vengono proposti cinque diversi disegni di legge sul “delitto di aborto”, le cui proposte sono però in netto contrasto con quanto richiesto dai movimenti femministi. 

È chiaro: i grandi partiti puntano ad un compromesso e vogliono evitare in qualsiasi modo di portare la questione alle urne in un referendumdopotutto solo un anno prima il diritto al divorzio era stato conquistato così…-.

Nel 1977 alla Camera viene approvata una prima proposta di legge che propone una soluzione al problema degli aborti clandestini ma, che nega ancora la totale liberalizzazione, voluta dalle femministe e dai partiti radicali – che la pensavano un po’ tipo “ao è il mio corpo, ci faccio quel che voglio”-.

La proposta viene bocciata.

Anno fatidico 

Nel 1978 però viene presentato un nuovo testo, che passa molto velocemente dalla Camera al Senato. 

È il 18 maggio 1978 quando il Senato approva, in via definita, una nuova legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, la famosa legge 194.

Essa rispetta pienamente il diritto di autodeterminazione della donna, ma anche quello di obiezione di coscienza del personale sanitario. 

In realtà, lo spirito della legge è quello di consentire alla donna la possibilità di ricorrere all’IVG , ma allo stesso tempo, cercare di ridurre il più possibile il numero di interruzioni di gravidanza – essenzialmente puoi decidere di abortire ma fino al giorno prima dell’operazione io ti romperò le scatole elencandoti tutti i metodi alternativi all’interruzione di gravidanza per farti cambiare idea-.

Non lo lascio il posto fisso!

Dopo anni di proposte di legge e lotte, sembra essere stato trovato un buon accordo

O almeno così pare…

Il 17 maggio 1981 gli italiani vengono chiamati a pronunciarsi con un referendum sulla nuova legge 194 che consentiva e regolamentava l’interruzione volontaria di gravidanza. 

I cittadini con una netta maggioranza (88,4 % per la proposta radicale, 68% per l’altra) rifiutano di eliminare la legge che è tutt’oggi in vigore.

Obiezione di coscienza o di carriera? Diritto rivietato?

Dopo 40 anni, questa legge è ancora oggetto di discussione, in particolare un punto di essa: l’obiezione di coscienza

Il personale sanitario può infatti rifiutarsi di praticare l’interruzione di gravidanza per ragioni etiche o religiose.

Secondo i dati del 2018 pubblicati dal Ministero della Salute, gli obiettori di coscienza all’interno del personale medico italiano si aggirano al 70%. 

Di conseguenza è facile intendere che ci sono regioni italiane in cui l’applicazione della legge 194 è praticamente impedita, non per legge, ma per abuso di obiezione di coscienza. 

In alcuni ospedali si parla addirittura di “obiezione di struttura”, il che fa riflettere…

Chi mai decide di occuparsi della salute delle donne per poi non adempiere a questo compito in modo totale? 

Al giorno d’oggi si parla di “garantire la piena applicazione della legge 194”. 

Una legge che, se doveva essere, all’epoca, un primo passo per liberare le donne dall’oppressione a cui erano soggette, è rimasta solo il principio di una lunga strada ancora da percorrere. 

Non si prova a superare questa situazione che è uguale a se stessa da ormai troppi anni, con l’obiettivo di risolvere le problematiche e garantire che il diritto all’aborto venga veramente rispettato. 

Perché per quanto sia, solo formalmente, garantito dallo Stato, quello all’interruzione volontaria della gravidanza resta un diritto a cui è sempre più difficile accedere

Scritto da: Zahra 5F