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GenZ e la pentola d’oro

Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “We Are The People” – Empire of the Sun

I ragazzi genZ, quando arriva il momento di scegliere una professione, preferiscono optare per qualcosa che permetta di cercare qualità e felicità nel tanto tempo libero a disposizione. 

Chi non lo fa, vi starete chiedendo: ognuno, a modo suo, cerca la felicità. Ma qualcuno si è rassegnato all’idea che il lavoro sia unicamente fatica e sacrificio, tecnica senza alcuna prospettiva di realizzazione personale: una macchina per soldi mangia anima. 

Mentre la nuova generazione, la nostra generazione, sembra voler lavorare per vivere, e non il contrario.

Due facce della medaglia

O almeno, questo è quello che dichiarano giornalisti e filosofi, con tanto di numeri alla mano. Un articolo di Repubblica del 19 luglio di quest’anno recita:

“Stare bene con se stessi significa […] poter godere di giornate ‘equilibrate’ tra impegno e relax, tra vita lavorativa e vita privata, evitando particolari stress…”

Gli altri adulti, invece, vedono solo degli sfaticati, che studiano e lavorano meno di quanto non si facesse in passato, viziati dalla facilità con cui si guadagna online e coccolati dall’idea di non avere alcun tipo di responsabilità. 

Il che – parliamoci chiaro – vale per molti. E a forza di sentirlo dire, crediamo valga per tutti.

 Ma se non fosse così?

Indovinello 

Perché se è vero che in tanti non hanno alcuna voglia di impegnarsi neanche a rimettere la carta igienica in bagno quando finisce, è anche vero che sono circondata da amici bagnini, fattorini, camerieri, professori di ripetizioni, almeno fino a settembre.

Tutto per pagarsi la macchina usata da soli. O avere qualche soldo da parte per un viaggio.

Allora non è un problema di mancanza di impegno, né di responsabilità o ambizione: riguarda solo la logica. 

Se guadagno tanti soldi ma non ho tempo di usarli per, facendo un esempio, assistere ad un concerto: ma cosa ci faccio con i soldi? 

Macchine di carne e ossa

Non vogliamo più essere catalogati per utilità, ma per identità.  Perché è come se questi ultimi due anni ci abbiano lasciato – insieme all’ansia sociale e un buco al centro dello sviluppo personale che ci metterà un po’ a chiudersi – la consapevolezza che l’unica cosa sensata da fare è cercare di vivere bene, ognuno a modo suo.

Abbiamo avuto la fortuna/sfortuna di rendercene conto poco prima di entrare nel mondo del lavoro e, se una metà del bicchiere è vuota, l’altra è proprio la pentola d’oro che mezzo milione di lavoratori stava cercando da parecchio tempo.

Grandi Dimissioni

Great Resignation: sono le parole con cui si fa riferimento al grandissimo numero – mezzo milione, per l’appunto – di dimissioni date durante e dopo la pandemia. E tantissimi ancora dichiarano di voler cambiare lavoro per migliorare la qualità della loro vita.

Come ha detto Piero Angela:

“Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro difficile paese.”

Forse riusciamo davvero a fare il nostro e a far uscire qualcosa di buono da questa generazione sgangherata. 

Scritto da: Alice 5D