In una recente inchiesta da parte del New York Times, è venuto alla luce come Facebook negli scorsi anni abbia venduto una quantità enorme di informazioni sensibili dei propri utenti a numerose società, in modo del tutto illegale.
Non è passato neanche un anno dallo scandalo di Cambridge Analytica nel marzo del 2018, che subito Facebook ci ricasca.
Secondo una inchiesta venuta fuori nei giorni scorsi a cura del quotidiano New York Times, Facebook avrebbe venduto per anni, sotto banco, informazioni sensibili degli oltre suoi 2,2 miliardi di utenti ad oltre 150 aziende, tra cui Netflix, Apple e Amazon.
Che cosa ha fatto Facebook?
Stando a quanto scritto dal giornale Americano, a svolgere un ruolo chiave nella vicenda sarebbero state piu di 220 pagine di email scambiate tra numerosi dirigenti ai vertici di Facebook e le società interessate ai dati sensibili degli utenti, prime fra tutte Netflix ed Airbnb.
I documenti risalgono nel periodo tra il 2012 e il 2015, anni in cui l’azienda era in totale ascesa nel panorama dei social network. Leggendo tra le varie Email rese pubbliche si può notare come tra i maggiori responsabili di questo scandalo fossero Sheryl Sandberg, il chief operating officer (attuale numero due di Facebook) e lo stesso Mark Zuckerberg.
Secondo quanto scritto nell’inchiesta, numerosi nomi di società molto conosciute avrebbero avuto continuo accesso ai nostri dati personali: Spotify e Netflix potevano leggere tutti i messaggi privati degli utenti, avendo anche la possibilità di cancellarli o modificarli, Apple conosceva i numeri telefonici ed il calendario collegati al profilo utente, Amazon e Bing (browser internet di Microsoft) avevano la possibilità di vedere nomi e altre informazioni di contatto dell’utente e dei suoi amici, e Yahoo fino a quest’estate poteva leggere i post privati e quelli dei vostri amici.
Ma non finisce qui: lo stesso Facebook, oltre alla vendita dei dati sensibili, avrebbe comprato a sua volta dalle aziende coinvolte numerosi dati sugli utenti; da Amazon, per esempio, conosceva tutti i prodotti ordinati, da Airbnb i viaggi effettuati ecc.
Cos’ha da dire Facebook?
La risposta da parte di Facebook e dalle aziende coinvolte non hanno tardato ad arrivare.
Il colosso americano ha sostenuto fin da subito che i documenti fossero stati scelti in modo ambiguo per sembrare fuorvianti e far concentrare l’attenzione dei media su una causa «infondata». Ha inoltre dichiarato:
«Come ogni azienda, abbiamo avuto molte conversazioni interne sui vari modi in cui siamo riusciti a creare un modello di business sostenibile per la nostra piattaforma … Ma i fatti sono chiari: non abbiamo mai venduto i dati delle persone».
Netflix ha essa stessa dichiarato: «In nessun momento abbiamo avuto accesso ai messaggi privati delle persone su Facebook o richiesto la possibilità di farlo … Negli anni abbiamo sperimentato diversi modi per rendere Netflix più social. Un esempio è la funzione lanciata nel 2014 che permetteva agli utenti di suggerire serie e film ai loro amici di Facebook attraverso Messenger o Netflix. La funzione però non è stata popolare e l’abbiamo eliminata nel 2015»
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