Così l’industria della moda potrebbe ridurre drasticamente l’impatto ambientale
Ogni tanto dal mondo viene qualche bella notizia e quella di oggi potrebbe addirittura rappresentare l’esordio di una vera e propria rivoluzione verde, il cui Manifesto è racchiuso nelle parole del fashion designer Sebastiaan de Neubourg:
I rifiuti, credo, sono il fallimento del design eppure l’economia del futuro implicherà sempre di più prodotti buoni per il riciclaggio. Con queste paia di occhiali da sole voglio dimostrare che la moda sostenibile può anche essere bella da indossare e pure economica.
Diamo un significato a quest’affermazione: va innanzitutto specificato che lo stilista ha sempre ritenuto inaccettabile il fatto che solo l’industria della moda produca il 20% dell’inquinamento globale, molto più delle emissioni di aerei e navi.
Questa (condivisibile) considerazione non si è limitata alle sole parole, e adesso il fashion designer ha avviato la produzione di prodotti come inchiostri per stampanti 3D, da cui è dunque possibile creare una moltitudine di oggetti e accessori a partire dalle bottiglie di plastica.
Sulla scia di quest’innovazione, altri importanti nomi delle industrie della moda stanno incominciando a fare capolino da ogni dove e ad adottare metodi più green di produrre tessuti e capi d’abbigliamento.
Tra tutti, spicca quello di Tom Duhoux, fondatore della HNST, che così illustra i benefici della nuova direzione adottata:
Qui raccogliamo il nostro cotone. Invece di adoperare il cotone che viene dalle coltivazioni e che per crescere richiede molta acqua, usiamo stoffe già esistenti che vengono triturate e ritraformate in fibre che poi generano filati. Usiamo bottoni che si possono rimuovere che possono essere svitati e riutilizzati, così da darci la possibilità, quando avremo il nuovo paio di ripiazzarli.
I rifiuti, da sempre considerati come semplici e ingombranti scarti, oggi stanno subendo una rivalutazione, da elementi nocivi a preziose risorse nella lotta all’inquinamento.
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