Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Vado al massimo” – Vasco Rossi
“Abbiate coraggio… non temete le occasioni, cercate sempre l’avventura. Voi dovete essere coraggioso per due motivi, primo perché siete guascone. Secondo, perché siete mio figlio”.
Con queste parole un vecchio padre dal passato illustre congeda e manda nel mondo il suo giovane figlio, il futuro D’Artagnan. Questi consigli, certamente, l’autore li ha seguiti e messi in pratica nella sua bella e ricca vita. Gli stessi precetti che, presumibilmente, Alexandre Dumas, ha ricevuto dal famoso generale suo padre, e, poi, trasmessi quando a sua volta diventa genitore.
Alexandre Dumas, padre. Così si usa definirlo per distinguerlo da tutti gli Alexandre Dumas della sua famiglia. Tanti. E padre di tante cose. Del Dramma francese, ben prima di Victor Hugo. Padre del Romanticismo, del romanzo storico. Padre di Alexandre Dumas figlio, famoso scrittore anch’egli.
Famoso, Alexandre Dumas padre lo è certamente stato. Forse più di chiunque altro scrittore contemporaneo. E prolifico, oltre ogni media. Basta guardare l’elenco della sua produzione: 257 volumi, più una ventina di volumi di lettere e articoli. Un’intera biblioteca.
Un grafomane
Alexandre Dumas, nasce a Villers-Cotterets, a nord di Parigi, il 24 luglio 1802. Il che è già una coincidenza quasi profetica. Proprio in quella città, infatti, il re Francesco I, verso la metà del ‘500, emana un editto che impone il francese come lingua ufficiale di Francia -prima si parlavano vari dialetti-. In quella città Alexandre Dumas cresce, orfano di padre, famoso generale dell’esercito napoleonico, soprannominato “il Diavolo Nero”, perché mulatto, così come il figlio. Crescere da nero in Francia allora non doveva essere facile. La mancanza di mezzi lo spinge a lavorare nell’albergo del nonno materno dove sviluppa una passione per la cucina che non lo abbandonerà mai più. La sua ultima opera sarà un dizionario di cucina.
Per compensare la mancanza di istruzione e appagare la sua curiosità Alexandre Dumas legge tantissimo, ma soprattutto scrive. Cosa? Niente, scrive per il gusto di scrivere, appassionato dal gesto stesso. Si dice che riuscisse a scrivere abitualmente per 15 ore di fila. Sviluppa una calligrafia eccezionale che gli fa trovare un posto da copista presso il duca D’Orleans, il futuro re Luigi Filippo.
Un avventuriero
E’ l’amore per la vita, il desiderio di avventure l’ingrediente principale delle sue innumerevoli opere. La base di tutte le sue storie. Avventure che non gli sono mai mancate: donne, peripezie, eventi tragici, debiti milionari, due rivoluzioni, una in Francia nel 1848 e una in Italia, al seguito di Garibaldi, di cui era intimo amico.
Il desiderio di avventura, ad un certo punto della sua vita, si riversa nel teatro. Il palco è la destinazione naturale del suo estro, e riscuote fin da subito un successo straordinario. Autore di drammi che hanno ispirato il movimento Romantico francese e gli autori successivi. Drammi rappresentati dai più famosi attori dell’epoca. Il legame col teatro non lo abbandonerà mai, tanto che se ne costruisce uno personale, fallito durante la rivoluzione del’48. Se lo poteva permettere. Perché Alexandre Dumas è stato uno dei primi scrittori di carriera a guadagnare tantissimi soldi, ma anche a spenderne molti di più. Le sue entrate, tuttavia, derivano, più che dal teatro, dall’avvento di un genere tutto nuovo.
Il romanzo
Intorno agli anni ’30 dell’Ottocento, si sviluppa la consuetudine di alcune riviste, e poi quotidiani, di pubblicare, in fondo delle storie. Nasce il feuilleton, meglio conosciuto come romanzo d’appendice. Genere che avrà una fortuna straordinaria. Questo genere letterario funziona un po’ come le nostre serie tv. Non veniva pubblicato tutto insieme, ma un po’ per volta, a capitoli, con uscite mirate per creare attesa. Alexandre Dumas ci si butta a capofitto. E’ un maestro nel creare intrecci appassionanti, nel mettere un colpo di scena proprio alla fine, nel creare suspense nel lettore che freme per leggere il seguito nell’uscita successiva. La pubblicazione dell’opera intera a volte richiede anni, con buona gioia dell’editore e dell’autore, a volte anche grazie ai sequel, come nel caso de I tre moschettieri.
Dumas era un maestro anche nel guadagno. Vi siete mai chiesti perché i suoi romanzi siano così voluminosi? Non solo perché era un grafomane che lavorava 15 ore al giorno. L’autore era pagato a riga! E’ ovvio che ne usasse quante più poteva. Il suo talento era nello stile, travolgente, l’intreccio era dato dalla Storia. I suoi personaggi sono sempre storici o presunti tali. Sarebbe stato necessario un sapere enciclopedico difficilmente acquisibile in un’epoca dove i libri sono costosi e non c’è Wikipedia. Dumas ne è cosciente. Inventa, allora, la catena di montaggio. Si avvale dell’aiuto di collaboratori che, come in una bottega di pittore rinascimentale, fanno ricerche, prendono appunti, preparano la tela. Dumas aggiunge l’estro, la fantasia, lo spirito, lo stile. Questo modo di fare gli ha permesso di portare avanti diversi romanzi quasi contemporaneamente.
Un successo
Fortuna che ha avuto non solo in vita, ma anche nella nostra epoca. Non è un caso che le opere di Alexandre Dumas padre siano tra le più utilizzate nei fumetti, ma soprattutto nel cinema e nella TV. Basta pensare alle diverse versioni de I tre moschettieri, de Il conte di Montecristo, de La regina Margot, solo per citarne alcuni. E’ il caso anche di Robin Hood, anche se, bisogna dire la verità, gli è stato attribuito postumo.
Il fatto che lo schermo lo abbia così tanto utilizzato, forse abusato, è forse la sua unica maledizione, come scrittore. Quanti hanno veramente letto Il visconte di Bragelonne? Quanti hanno visto La maschera di ferro in televisione? Ma è uno scotto inevitabile. E’ la conseguenza del suo stile. Per un motivo semplice, oltre alla validità senza tempo delle storie. La scrittura è per immagini. La parola è azione. In pratica, se togliessimo le descrizioni, la sceneggiatura sarebbe già pronta. Il che permette a chi legge di vedere, a chi guarda di vivere l’avventura.
E’ questa la cifra dell’immortalità di Alexandre Dumas. Alla sua morte fisica, avvenuta oggi, 6 dicembre, del 1870, George Sand, amica e scrittrice dice di lui:
“Era il genio della vita. Non ha sentito la morte”.
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