Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Domani Smetto” – Articolo 31
Zygmunt Bauman avrebbe compiuto oggi 95 anni. Le tappe della sua vita e le conclusioni del suo pensiero sono l’esempio da seguire per ogni intellettuale impegnato e coerente, nonché in massima parte attualissime nel quadro della modernità.
Bio e scelte di vita
Nato a Poznan nel 1925, le vicende del secondo conflitto mondiale lo porteranno a trovare rifugio nella zona occupata dall’URSS. Arruolatosi nell’Armata Rossa, combatté il nazifascismo e fu agente di spionaggio fino al 1948, in circostanze che non furono mai chiarificate. Al termine del conflitto iniziò il suo percorso di studi in sociologia presso l’università di Varsavia.
Comunista di formazione marxista-leninista, incorporò nella sua analisi politica i dettami di Antonio Gramsci e del sociologo tedesco Georg Simmel.
Nel 1956 si oppose al processo di destalinizzazione dello stato sovietico, diventando da lì in poi uno strenuo oppositore dell’ideologia dominante, revisionista rispetto all’ortodossia comunista.
Questa presa di posizione, nel 1968, fu all’origine della decisione di lasciare la Polonia, avendo perso la cattedra proprio a Varsavia. Nel 1971 ottenne l’insegnamento a Leeds, perseguendolo fino al 1990.
Scomparso nel 2017, alla veneranda età di 92 anni, si definì fino all’ultimo un socialista d’influenza marxista.
Bauman è stato fino all’ultimo un appassionato divulgatore delle sue tesi
Il paradosso della morale
Nella modernità, secondo Bauman, la morale non è altro che un insieme di coercizioni sociali a cui l’individuo sottosta in forza di leggi o valori a cui nessun essere razionale possa sottrarsi, ponendo il raziocinio come caratteristica distintiva della modernità.
Nella postmodernità, d’altra parte, possono darsi più morali tra loro differenti poiché la fine delle “grandi narrazioni” novecentesche (leggi ideologie), ha impossibilitato la pretesa di verità assolute e quindi morali assolute.
La morale, secondo Zygmunt Bauman, è un atto libero, individuale e irrazionale attraverso il quale ci consegniamo alla potestà dell’altro da noi.
Il paradosso della morale che si consolida consiste nel fatto che, da un lato, genera disordine mentre, dall’altro, è necessaria a fondare una società.
Essendo la morale irrazionale e libera essa è in contrasto con l’idea stessa di società, che è tale poiché impone delle leggi secondo un criterio razionale.
Società liquida e omogeneizzazione
Il paradosso della morale è certamente il punto filosoficamente più degno di nota del percorso intellettuale di Zygmunt Bauman, che negli ultimi anni della sua vita si concentra sulla realtà sociologica frutto della fine delle grandi narrazioni in cui egli stesso ha creduto.
Bauman sostiene che l’incertezza tipica della contemporaneità, una vera e propria società liquida, sia legata a doppio filo alla trasformazione del soggetto umano da produttore in consumatore.
L’esclusione sociale avviene per mezzo dei prodotti più alla moda, che le classi più povere non possono permettersi, frustrandosi poiché falliscono nel farsi accettare come consumatori.
L’individuo percepisce quindi la necessità di apparire e consumare a tutti i costi come un vero e proprio sistema di valori a cui allinearsi.
Il consumo assume una connotazione bulimica non ricercando il possesso bensì l’utilizzo temporaneo di oggetti del desiderio attraverso i quali appagarsi, temporaneamente.
In quest’ottica l’omogeneizzazione è un processo di assorbimento passivo di modelli culturali vigenti in un dato contesto sociale.
In alternativa si può riferire a precetti accettati e tramandati in maniera dogmatica, senza spirito critico. Secondo Bauman, la naturale conseguenza di questo processo sarebbero processi di spersonalizzazione e alienazione.
Zygmunt Bauman è stato per tutta la sua vita un intellettuale non omogeneizzato e d’avanguardia, i suoi lavori sono un inno alla contemporaneità e un potente strumento per analizzare la società e plasmarla in qualcosa di meglio rispetto a quanto non sia già.
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Beata on 25 Novembre 2020
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