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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Tempo sprecato” – Lil Kvneki, Franco126
Spesso noi studenti viviamo vite frenetiche, cercando di stare al passo della scuola e tentando, allo stesso tempo, di mantenere uno stile di vita sano. Ma la dura verità è che, per noi, il tempo rimane qualcosa di ingestibile.
Come si può progettare il tempo a scuola in modo da consentire a ciascuno lo sviluppo delle proprie potenzialità e un apprendimento efficacie?
La risposta è arrivata mercoledì 29 marzo negli spazi di voicebookradio.com, dove è stato presentato il volume “Progettare il tempo a scuola. La flessibilità oraria come risorsa pedagogica”, a cura delle ricercatrici INDIRE Stefania Chipa, Elena Mosa e Lorenza Orlandini.
Ad aprire le danze è stata la Dirigente Lidia Cangemi del Liceo Kennedy di Roma. Niente di cui stupirsi, dopotutto il progetto “DADA” (Didattiche per ambienti di Apprendimento) è nato proprio in questo istituto.
“La nostra scuola ha fondato un modo diverso di vedere lo spazio (..) La frontiera che dobbiamo affrontare ora è un uso diverso del tempo.”
-Lidia Cangemi
Una frontiera su cui la Dirigente e il Professore Gaetano Di Sabato hanno lavorato in passato, partorendo una proposta alquanto allettante: il progetto prevede infatti che su 6 ore scolastiche, l’ultima sia di laboratorio, scelto dallo studente a seconda dei propri interessi e passioni.
La presentazione è continuata con l’intervento di Cristina Grieco, Presidente di INDIRE, e la lettura da parte di Elisabetta Mughini, Dirigente di ricerca e referente del Movimento delle Avanguardie educative, della prefazione del libro scritta dal Professor Luigi Berlinguer.
Dopodiché il microfono è passato nelle mani di Rita Coccia, ex Dirigente scolastica e Ambadossor di Avanguardie educative, con cui abbiamo avuto il piacere di scambiare due parole per qualche chiarimento in più.
Avanguardie Educative è un movimento che nasce nel 2014, quando Rita e altre 21 scuole firmano il “Manifesto programmatico per l’innovazione” in cui vengono elencati i principi cardinali per una scuola innovativa.
Nonostante Rita non sia più dirigente, continua a riflettere su possibili progetti innovativi, come quello basato sull’idea che l’ambiente circostante possa dare la possibilità allo studente di interiorizzare un concetto.
“Abbiamo sempre lavorato sui tavoli e da seduti. Si potrebbe cominciare a lavorare invece sull’apprendimento visivo”.
-Rita Coccia
La logica è la stessa di quella che si cela dietro alle pubblicità: si osserva, anche se per un secondo, un’immagine e questa rimane impregnata nella nostra mente. Così, se pitturassimo un’enorme tavola periodica sulle pareti di un’aula, sarebbe molto più semplice memorizzare la posizione del carbonio.
Insomma, Rita è molto chiara: “la scuola esiste proprio perchè ci sono gli studenti”. Per questo bisognerebbe partire da loro, pensando e creando spazi-aula a loro misura.
Le ultime, ma non meno importanti, con cui abbiamo scambiato quattro piacevoli chiacchiere, sono state proprio le curatrici del libro: Stefania Chipa, Elena Mosa e Lorenza Orlandini.
L’intervento è iniziato con un focus sui concetti di quantità e qualità del tempo. Sotto il punto di vista della quantità si può fare ben poco. Gli istituti sono infatti obbligati a consegnare al MIUR un determinato numero di ore di lezione, né più né meno. Per la qualità, invece, c’è ampio margine di miglioramento.
Miglioramento su cui stanno lavorando proprio Stefania, Elena e Lorenza, che hanno dato vita all’apprendimento alternativo: una serie di terze vie che le ricercatrici stanno studiando per alleggerire il carico che grava sulle spalle di noi studenti e dei nostri professori.
Tra queste c’è la compattazione: all’esame di maturità in quinto liceo viene richiesto di collegare tra loro diverse materie. Questa capacità, piuttosto che essere spiegata a maggio dell’esame, sarebbe introdotta già dai primi anni delle medie, unificando sotto uno stesso professore più materie – un po’ come si fa con Italiano e latino o matematica e fisica, ma in maniera più espansiva-. Ciò darebbe, al professore, più ore consecutive da sfruttare per delle lezioni non canoniche, magari con uscite fuori dalle mura scolastiche o lavori di gruppo; mentre, a noi studenti, si aprirebbe una visione più ampia ed interconnessa nei confronti di quello che si studia sui libri.
“Questo metodo è professionalizzante perché, ogni volta, ti costringe a far fronte al doversi reinventare.”
-Elena Mosa
E poi c’è un’alternativa alla compattazione, ovvero rendere ogni ora più leggera, con una parte di lezione classica, frontale, ed un’altra da seguire comodamente su delle sdraio o dei pouf.
La scuola dovrebbe essere un posto dove si sta bene. Un luogo accogliente ed inclusivo, dove non si è semplici studenti, ma persone; dove non si viene istruiti ma, invitati ad apprendere e sviluppare le proprie competenze e abilità, con l’obiettivo di formare individui a 360 gradi.
Questo evento lo ha dimostrato: le iniziative sono tante e un cambiamento è possibile. Bisognerebbe solo trovare il coraggio di aprirsi alle novità e di incamminarsi per quella via che in un futuro – si spera prossimo– potrebbe finalmente portare ad un nuova scuola, che contrasta la dispersione scolastica, ponendo lo studente e la sua crescita al centro dell’apprendimento.
Written by: Zahra Javanmardi
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