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Arte

Wish You Were Here: il peso dell’assenza

today12 Settembre 2020

Background
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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Wish You Were Here” – Pink Floyd

Uscito ormai 45 anni fa, Wish You Were Here fu un album problematico fin dalle prime sedute di registrazione. Mantenere l’equilibrio tra una band e la propria vita personale non è semplice, soprattutto se arriva dopo The Dark Side of The Moon. 

Un disco pieno di imprevisti

Il successo del disco precedente, come dichiareranno in seguito Wright e Waters, li aveva prosciugati sia artisticamente che emozionalmente: una volta raggiunto l’apice e realizzato ogni desiderio possibile, mancava lo stimolo per andare avanti. La band si ritrovò anche senza il loro fonico di fiducia, il celebre Alan Parsons, che da lì a poco avrebbe fondato i The Alan Parsons Project. A sostituirlo, Brian Humphries, ingegnere del suono con cui avevano già lavorato. La sua inesperienza costò loro cara perché rovinò la base strumentale di Shine On, demo di Shine On You Crazy Diamond, che dovettero registrare nuovamente ripartendo da zero. 

Fu proprio da quella confusione e da quella fatidica visita di Syd Barrett negli studi di registrazione il giugno dello stesso anno, che Roger Waters ebbe l’idea di basare l’album sull’assenza. Un’assenza sia spirituale che interpersonale: la coesione e il senso di fraternità tra i membri del gruppo stava venendo a mancare, stremati dal successo epocale dell’album precedente e dall’avidità dei produttori discografici. Have a Cigar è l’apice del disprezzo verso i colletti dell’industria musicale, con frasi come “You’re gonna get an album out/ You owe it to the people”

Wish You Were Here, copertina

Il significato della copertina

Le celebre copertina dell’album onnipresente nelle magliette tanto quanto il celebre prisma è criptica al pari della mucca di Atom Heart Mother, ma non per questo priva di significato. Sullo sfondo dei Warner Bros Studios due uomini d’affari si stringono la mano: il gesto impersonale più comune del mondo. Uno di loro però è in fiamme, eppure l’altro non sembra minimamente farci caso. Lo scatto si rivelò più complesso del previsto: non vennero usati effetti speciali, ma fiamme reali e per poco si sfiorò l’incidente. Nacque così la sintesi perfetta dell’album: due uomini che preferiscono mantenere le apparenze dettate dalle convenzioni sociali per paura di scoprire i propri sentimenti e restare scottati, vulnerabili. 

Ad oggi Gilmour lo considera il miglior album dei Pink Floyd, che racchiude in poche tracce la pazzia di Barrett, le tensioni della band e la confusione di quel periodo. 

Leggi anche – Roger Waters: Anzio e lo spettro della guerra

Written by: Mariahelena Rodriguez

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