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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “La collina” – Fabrizio De Andè
Ormai penso si sia capito, ma ho un’attrazione incredibile per tutto ciò che ha a che fare con la morte. Ma non perché sono un’adolescente dark/alternative/emo/boh-non-lo-so -a mia difesa: ormai non si capisce più niente e non si riesce più a distinguerli bene, questi stili, e forse è meglio così-.
Ho questa fascinazione perché una storia può essere raccontata solo alla fine, quando non c’è più nulla che la possa cambiare. -In realtà…dipende dalla storia, ma non siamo qui per perderci in queste sottigliezze-. E, proprio questa convinzione e questa mia passione per le storie –e mio nonno– mi hanno messo in mano L’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters.
È una raccolta di poesie, ma non come quelle che ci immaginiamo. Quando si pensa alla poesie, rievochiamo i versi di Leopardi, Manzoni, Pascoli, Ungaretti…testi che hanno bisogno di essere studiati e parafrasati; dove ogni parola ha almeno due significati, quattro rimandi ad altre opere e otto figure retoriche.
Queste non sono così.
Queste sono poesie senza significati nascosti, che raccontano le vite delle persone che hanno abitato la cittadella, inventata, di Spoon River. Sono lavandaie e tessitrici, dottori e avvocati, ubriaconi e operai, vedove e figlie. Persone comuni che raccontano la loro vita tramite gli epitaffi delle loro tombe.
“Il mio epitaffio doveva essere:
‘La vita non fu generosa con lui,
e gli elementi in lui così commisti
che fece guerra alla vita,
e ne fu ucciso’.”
-Antologia di Spoon River
Ci raccontano della vita che hanno fatto: delle persone che hanno incontrato e amato, di ciò che hanno provato e dei loro rimpianti più grandi o cosa li portò alla morte sulla collina vicino a Spoon River.
Alcuni si rivolgono direttamente al luogo dove hanno vissuto o ai loro abitanti, o ai passanti per strada. Le loro storie si intrecciano, in un intrigo complicato come la vita stessa. Il poeta mi ha detto, la lavandaia vide, la vedova sedette al telaio ascoltando…
“A questa generazione vorrei dire:
imparate a memoria qualche verso di verità o bellezza.
Vi potrà servire una volta nella vita.
[…]
e questo grazie alla saggezza di Pope, il poeta:
‘Recita bene la tua parte, in questo consiste l’onore.’ “
-Antologia di Spoon River
È interessante che siano proprio gli epitaffi a raccontare la vita di queste persone, perché in realtà è tutto il contrario. Su una tomba, oltre ad una scritta per ricordare il defunto, ci sono solo le date di nascita e morte e la vita, raccontata dalle poesie di E. L. Masters, è racchiusa in un semplice trattino che separa quelle date.
E adesso mi chiedo, quanti epitaffi sono sbagliati; quante memorie sono state stravolte?
“Non fatemi monumenti,
che la mia memoria non venga stravolta ai fini
della menzogna e dell’oppressione.
Chi mi ha amato e i suoi figli non sia spossessato di me;
voglio restare per sempre l’incontaminato possesso
di coloro per i quali sono vissuto.”
-Antologia di Spoon River
Sembrano poesie su persone comuni e lo sono; ma allo stesso tempo non lo sono. Che significa? Masters prende la lente di ingrandimento, per raccontare di singole, inventate, vite; ma allo stesso tempo racconta dei macro-temi della poesia.
Parla della disperazione di un genitore che non si sente all’altezza dei figli e dei pregiudizi della gente. Di come tutti pensano debba essere fiero, quando non si sente altro che una nullità. Così come parla di come una singola azione possa segnare per sempre la vita di una persona, di come un singolo sbaglio possa influenzare le decadi successive.
“Mettiamo che un ragazzo rubi una mela
dalla cassetta sul banco del droghiere,
e tutti cominciano a dargli del ladro,
[…]
E non trova lavoro, e non mangia
se non ruba, allora il ragazzo ruba.
È come la gente vede il furto della mela
che fa il ragazzo ladro.”
-Antologia di Spoon River
Immancabile, tra le poesie, è il tema dell’amore. Vediamo versioni diverse della stessa storia, mogli e mariti che nella morte si accusano tra di loro di ciò che è accaduto e che li ha portati a riposare sulla collina. –Sì, la stessa di cui sta cantando De Andrè: l’album di questa canzone, “Non Al Denaro, Non All’Amore, Ne Al Cielo” è ispirato a questo libro-.
Leggiamo di giovani che si sono uccisi per amore e chi invece ha vissuto felicemente fino alla vecchiaia. Ci troviamo immischiati in intrighi e tradimenti e vite con troppo amore o con troppo poco:
“Questo è l’amaro della vita:
che solo in due si può essere felici;
e che i nostri cuori sono attratti da stelle
che non ci vogliono.”
-Antologia di Spoon River
Come si può ben immaginare, il tema della morte e quello della vita sono strettamente legati; però è interessante vedere come non c’è un singolo senso della vita: Masters non si propone di darci la soluzione “La vita ha un senso perché…”. Ci sono tantissimi modi di vederla. C’è chi accetta con assoluta tranquillità il fatto che la vita non abbia il benché minimo senso, chi non se ne cura minimamente e chi rimugina ancora sugli errori del passato.
Vediamo persone rassegnate al fatto che non verranno ascoltate, che non rimpiangono di averci provato e che non hanno motivo di portare risentimento.
“nessuno sa cos’è il bene
se non sa cos’è il male;
e nessuno sa cos’è il vero
se non sa cos’è il falso.”
-Antologia di Spoon River
Ci sono i morti in guerra e i veterani, che raccontano, con lo stesso animo che li ha portato alla battaglia, come siano arrivati, a riposare sulla collina.
C’è chi inveisce contro Spoon River, sfogando la frustrazione di non essere riuscito a cambiare le cose che riteneva ingiuste o sbagliate. Nomi e nomi di persone che volevano fare qualcosa e che, alla fine, si sono ritrovati con un pugno di mosche in mano.
“Perché mi hai urtato con le tue rozzezze
se non volevi che te ne parlassi?
E mi hai soffocato con le tue stupidaggini,
se non volevi che le mettessi a nudo?
E mi hai inchiodato con le tue crudeltà,
se non volevi che sconficcassi quei chiodi
e te li gettassi in faccia?
E mi hai affamato perché rifiutai di obbedirti,
se non volevi che minassi la tua tirannia?”
-Antologia di Spoon River
Nomi, nomi, nomi e nomi di abitanti si susseguono l’un l’altro sulle pagine dell’Antologia, senza sosta e senza pausa. Iniziano a confondersi nella mente di chi legge. Perché?
Forse anche questo è un piccolo insegnamento non tanto nascosto che ci ha lasciato Masters: tutte le persone sono importanti, tutti hanno un nome –questi sono inventati, ma dettegli– che bisognerebbe ricordare; vite “ordinarie” che meriterebbero considerazione, ma che, nella storia, vengono perdute –che belli quei musi lunghi-.
O forse sono solo io che mi sto facendo troppi viaggi mentali. Chi lo sa?!
Written by: Aurora Vendittelli
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