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Non è una parolaccia e nemmeno una malattia grave. Fatto sta che il timore del numero diciassette, in greco epta kai deka, appunto, colpisce in maniera più o meno lieve migliaia di superstiziosi. In più, associato come oggi al giorno di Venerdì… c’è da aspettarsi l’apocalisse. Ma perché?
Da Pitagora alla smorfia napoletana, andiamo all’origine di una superstizione tutta italiana.
Che i greci fossero superstiziosi non è un mistero. Da loro abbiamo ereditato tutta una serie di gesti scaramantici, come le corna, che ci si potrebbe scrivere un manuale. Come lo si può scrivere del fatto che, più una cultura ha radici profondamente religiose, più essa è superstiziosa.
E una religione greca in particolare, quella pitagorica, aveva una vera e propria ossessione per il numero diciassette. Perché non gli riuscivano i teoremi e i quadrilateri. Col sedici e il diciotto sì. Quelli invece erano perfetti. Manie da matematici.
Ancora più superstiziosi erano i romani. Credevano ai presagi nascosti nelle interiora degli animali, ai sogni che anticipavano eventi tragici. Uno di questi era la sconfitta dell’esercito romano nella battaglia di Teutoburgo. Per capirci, per l’opinione pubblica del tempo, la notizia ebbe lo stesso effetto che ha avuto ai giorni nostri l’attacco alle torri gemelle. Per un momento tutto il mondo romano si è fermato.
Ma che c’entrano i numeri? In quella battaglia vengono spazzate via le legioni diciassettesima, diciottesima e diciannovesima. Il trauma è tale che queste legioni non furono mai più ricostituite e i numeri considerati infausti. Ma il diciassette di più. Le lapidi di quei legionari caduti, infatti, recano la scritta latina VIXI (vissi, ho vissuto) che non è altro che l’anagramma del numero romano XVII. Diciassette.
I superstiziosi sanno bene che il Venerdì non è un buon giorno per fare le cose. “Di venere e di marte non si sposa, non si parte e non si dà principio all’arte”, recita un vecchio adagio. E anche questa credenza popolare ha radici religiose. Lo stesso Venerdì Santo, se lo leggi al contrario, è il giorno in cui Nostro Signore è morto crocifisso. Per cui meglio stargli alla larga e chiudersi in casa. In preghiera possibilmente.
L’accostamento del Venerdì al numero 17 è pura associazione di idee. Tutta italiana perché il mondo anglosassone lo associa al 13. Giuda era il tredicesimo a tavola, per cui è un rischio organizzare un pranzo per dodici al ristorante. All’ultimo si potrebbe aggiungere un amico e il pranzo è rovinato.
Ci stupisce un po’ pensare che queste antiche superstizioni e leggende influiscano ancora sulla nostra vita. Alcuni davvero non escono di casa, c’è invece che non ci crede affatto. Alcuni, forse i più saggi, scelgono la via del “non ci credo, ma non si sa mai” e prendono le loro precauzioni.
A proposito di vie. Alcune mancano del numero civico 17. Come spesso negli aerei manca la fila 13 o 17. Urbanistica e compagnie aeree scaramantiche? Credo più alla questione organizzativa. E’ seccante quando tante persone richiedono il cambio di posto o non comprano casa.
Con i superstiziosi non si scherza.
Written by: Andrea Famà
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