Durante la lettura si
consiglia l’ascolto del brano: “Sweet Dreams – Eurythmics”
L’isolamento da lockdown continua e con quest’ultimo, anche il senso di irrealtà, scandito dalla monotonia quotidiana. Come se ciò non bastasse, siamo divenuti ostaggi dell’inconscio e dei nostri sogni. Sin dall’inizio della quarantena, molti individui si sono resi conto di sognare più intensamente e con meno serenità.
Secondo lo studio di Deirdre Leigh Barrett, docente di psicologia della Harvard Medical School è emerso che meglio riposiamo durante la notte, meno ricordiamo i sogni la mattina seguente. Contrariamente, quando siamo sottoposti a stress, il nostro sonno è tormentato e i sogni che si susseguono nella notte, rimangono maggiormente impressi nella mente. Durante questa fase di lockdown si è soliti dormire di più, ma la qualità del sonno ne risente, infatti nella notte si vivono diverse fasi Rem, momenti in cui si attivano i principali meccanismi onirici, che rendono i sogni realistici.
Spesso i sentimenti che reprimiamo durante la giornata, trovano una valvola di sfogo nei nostri sogni, celandosi attraverso simboli o metafore. Molte persone sognano incontri di gruppo, dove viene marcato il timore di rimanere sprovvisti di protezioni, altri invece sognano il cibo e di come l’individuo, ne rimanga immeritatamente defraudato. Vi sono anche i sogni dove ricorre una figura avvolta nel mistero, che viene ricondotta al virus, oppure si sogna un ritorno all’infanzia, un periodo dettato dalla spensieratezza e soli ricordi felici. Uno studio editato sul Journal of Neuroscience, afferma che i meccanismi neurofisiologici presenti nei sogni, sono analoghi a quelli che si innescano nella registrazione di sogni e di quando li riportiamo in superficie. Pertanto, esiste un profondo legame, che unisce il ricordo al sogno, ma soprattutto, viene evidenziato come l’attività onirica riesca ad ordinare gli eventi che ci influenzano.
Vi è mai capitato di
sognare in maniera vivida durante la quarantena?
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