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Letteratura

UNA VITA DA TALK: Capitolo 2 parte 4: “Il suono del silenzio”

today26 Marzo 2021

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La cosa più appassionante della scrittura è finire di scrivere. Non in generale chiaramente, ma mettere l’ultima parola nell’ultima frase dell’ultimo paragrafo di un articolo dà una certa soddisfazione.

La playlist che Marta stava ascoltando in cuffia le consigliò un classico di Luigi Tenco, Mi sono innamorato di te. Non c’entrava molto con l’articolo sui Judas Priest ma le piaceva che la canzone fosse dolceamara, le venne in mente il titolo della raccolta di Pavese “Lavorare stanca”. Sorrise pensando che questi collegamenti erano il fuoco che alimentava la sua scrittura, il motivo per cui si trascinava alla tastiera per mettere giù le parole.

Inviò l’e-mail con l’articolo finito a Valentina, letteralmente seduta di fronte a lei. Non disse niente, la guardò curiosa sperando di poter catturare il momento in cui avrebbe visto la notifica, aperto l’e-mail, sarebbe stata sconvolta dalla bellezza del suo articolo e le avrebbe detto che non aveva mai letto nulla del genere in tutta la vita.

“Bene, grazie, più tardi lo leggo!”, fu invece la risposta, fin troppo sobria per i gusti di Marta. Un po’ delusa ma più serena potè tornare ai suoi pensieri, aveva già qualche idea per i prossimi articoli, magari ne avrebbe parlato con Riccardo. Lo cercò con lo sguardo fino a trovarlo in corridoio, impegnato a discutere con Carlotta di qualcosa.

Immediatamente Marta abbassò il volume delle cuffiette, senza toglierle.

“Ma tu sei completamente fuori” Carlotta non sembrava particolarmente contenta. “Mi metti i Judas Priest alle undici e mezza di mattina? E dopo che canzone hai messo?”, Riccardo tirò fuori dalla tasca un pezzo di carta, si potevano leggere alcuni nomi di artisti e titoli di canzoni scritti a penna. Si prese qualche istante prima di rispondere: “Dopo c’è Sere nere di Tiziano Ferro”.

Marta sbirciava di nascosto facendo finta di non ascoltare, si sentiva in parte responsabile, ma non poteva negarsi che le piaceva sentire che Riccardo aveva scelto proprio i Judas Priest per il suo programma, una sensazione dolceamara proprio come la canzone di Tenco.

Stavolta a interrompere i suoi pensieri fu un suono del portatile: il suono che fa quando stacca il cavo dell’alimentazione. Il cavo era ancora inserito però. La connessione era scomparsa. Valentina era visibilmente confusa tanto quanto lei, dopo un istante infinito entrambe realizzarono la stessa identica cosa: “La corrente!”.

Non fu subito evidente. Il flusso continuo di parole e suono diventa parte del sottofondo di una radio, quasi si smette di farci caso. Finché non si interrompe.  Ogni volta che uno speaker prende una pausa troppo lunga, o quando una traccia tarda troppo a partire, a quel punto si nota il silenzio: il suono del silenzio.

L’intera radio, per un secondo, rimase paralizzata dal non sentire nulla. Poi, come si vede fare ai corridori quando lo sparo dà inizio alla corsa, tutti contemporaneamente iniziarono a muoversi. Uno stormo di tecnici vola ai mixer, alle prese elettriche, ai computer, a tutto quello che andava controllato, acceso, messo in funzione.

Tra questi c’era Luca, l’unico tra i tecnici che rispose allo sguardo preoccupato di Marta con un sorriso, che si avvicinò e le chiese “Tutto a posto? Ti si è cancellato qualche file?”. Marta sorrise di rimando, “No no, grazie! Stavo usando il portatile”. Uno scambio semplice, in un momento complesso.

In qualche minuto la radio tornò a vivere e riprese il suono che le si accompagna: la musica con il suo flusso, gli speaker e i loro talk, i tecnici a coordinare questa sinfonia muovendo le mani sui loro mixer e i redattori a picchiare sui tasti dei computer. Sembrava di essere nella pancia di un grande animale che ha ripreso a respirare.

Ancora in fibrillazione per lo scampato pericolo, Marta decise di raggiungere Riccardo, che trovò impegnato ai divanetti nel buttare giù una nuova playlist. Forse voleva solo togliersi quella punta di senso di colpa che sentiva, o forse semplicemente sedersi per parlarci, ma lui un po’ sbrigativamente le rispose che doveva concentrarsi e che avrebbero parlato dopo.

Tornando alla scrivania Marta incrociò di nuovo Luca, un sorriso contagioso stampato sul volto. Lei si lasciò contagiare, lo fermò tenendogli un braccio. Luca era molto giovane, più giovane di lei, non ricordava se avesse 19 o 20 anni, ma le sembrò fosse la persona giusta con cui confidarsi.

“Ma che ti prendi per stare sempre così tranquillo?”, gli chiese.

Luca si prese il suo tempo per ridere divertito da una domanda così poco tranquilla. “Non siamo chirurghi Marta. Non stiamo operando a cuore aperto…”.

Sul volto di Marta fu evidente che la risposta non sembrò granché convincente, ma senza perdere la sua attitudine leggera Luca aggiunse “Prendi per esempio quello che fai tu. Qual è la cosa peggiore che può succedere? Che hai sbagliato parola? Bene. Hai sbagliato parola. Hai una nuova frase da ricominciare dopo”.

Marta rimase ancora un po’ in silenzio a riflettere su queste parole, lo guardò sparire nelle stanze misteriose in cui vanno i tecnici tra una crisi e l’altra, non si sentiva ancora del tutto convinta di questa spiegazione. La cosa che le restò impressa però era il suo modo di accettare la difficoltà come parte del gioco: non sarebbe bello se fosse facile.

Un altro collegamento le venne in mente, forse sciocco. Se è vero che “la felicità è reale solo se condivisa”, come diceva il protagonista di Into the wild, allora è anche vero che la tristezza è reale solo se non condivisa.

Sentì gli angoli delle labbra salire lungo le guance. Sorrideva perché le era venuta un’idea per un altro articolo e non vedeva l’ora di scriverla. Il morbo sembrava solo un brutto ricordo. La pagina restò bianca giusto qualche secondo, per poi imbrattarsi subito con il nero di un titolo: Il suono del silenzio.

Written by: Giorgio Moretti Tommaso Natale

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