Gli isotopi rivelano il ruolo fondamentale dell’uso dei combustibili fossili nell’aumento di gas serra nell’atmosfera
Durante la lettura si consiglia l’ascolto del brano: “Lorn – Sega Sunset”
L’isotopo in questione è il celebre Carbonio-14 (¹⁴C): leggermente radioattivo data la sue emività di circa 5700 anni, fornisce un parametro vitale sia nella misurazione della collocazione temporale dei reperti in ambito archeologico sia nel tracciamento della provenienza dei composti in cui è contenuto, come infatti il diossido di carbonio, il metano (tetraidruro di carbonio) e l’ossido di diazoto.
Tramite questa “impronta” inconfutabile, la WMO (la “World Meteorogical Organization”, organizzazione derivante dalle Nazioni Unite come l’Organizzazione Mondiale della Sanità), in cooperazione con la Global Atmosphere Watch, ha pubblicato un preoccupante “bollettino” il 25 novembre 2019 in cui, prove alla mano, si dimostra che la media mondiale di concentrazione di CO2 ha raggiunto le 405.5 parti per milione e oltre le 407.8 parti per milione nel 2018, con un incremento medio addirittura maggiore del decennio scorso. Per rendere l’idea il superamento delle 400 ppm nel 2015 era già stato un evento gravissimo e simbolico, uno spartiacque nella storia della lotta all’inquinamento atmosferico.
In particolare lo studio ha evidenziato come l’aumento sia stato indubbiamente provocato in modo non indifferente dalla massiva combustione da parte dell’uomo di risorse non rinnovabili: formate da piante e microorganismi fossilizzatisi nel corso di milioni di anni, hanno catturato carbonio 14, forgiato nella parte superiore dell’atmosfera (9-15 km) dai raggi cosmici in un tempo stabilito; quest’ultimo tramite l’anidride carbonica è entrato nel ciclo biologico di milioni di anni fa potendoci dire ora quanto i combustibili hanno contribuito nella produzione di gas serra.
Ebbene è importante dire secondo i dati che i livelli di gas serra stanno arrivando a livelli critici, ai massimi storici se contiamo anche le tecniche di carotaggio del permafrost artico che ci forniscono i dati di comparazione di intere ere geologiche: ormai il tenore di CO2 è anno dopo anno un record a causa del nostro cattivo uso delle fonti di energia e degli ormai frequentissimi incendi boschivi di intere zone del pianeta come Siberia e Amazzonia, i livelli di CH4 (metano) sono ormai del 259% maggiori rispetto ai livelli preindustriali a causa degli allevamenti intensivi. Un panorama oscuro e triste quindi, quello che si sta profilando all’orizzonte della nostra era.
L’essere umano riuscirà a fermarsi in tempo prima del disastro o, se è già troppo tardi, riuscirà ad affrontarne le conseguenze?
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