Luogo caotico, rumori meccanici, stress e preoccupazioni: aspetti purtroppo caratteristici delle unità di terapia intensiva neonatali in cui devono trascorrere il loro tempo i prematuri.
Ecco che arriva in soccorso il miglior rimedio al rumore e allo stress: la musica. Un nuovo studio di risonanza magnetica pubblicato su PNAS ha scoperto la musica (suoni di arpe, campane, strumenti a fiato appositamente composti) in terapia intensiva aiuta lo sviluppo di connessioni cerebrali di solito deficitarie nei bimbi pretermine.
Ad essere interessato è il cosiddetto “salience network”, un insieme di regioni del cervello che seleziona quali stimoli meritano la nostra attenzione: regioni sensori-motorie, ma anche associate ad alte funzioni cognitive che grazie ad un ambiente arricchito dalla musica diventano comparabili a quelli di bambini nati a termine.
E il vero pezzo forte di questo concerto neurale sono le sue possibili implicazioni: rinforzare lo sviluppo di questi network potrebbe rivelarsi cruciale per limitare i ritardi del neurosviluppo spesso presenti in questi bambini.
Di Andrea Valitutti
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