Torna anche quest’anno, dall’11 Maggio al 24 Novembre, una delle mostre d’arte contemporanea più prestigiose a livello internazionale: la Biennale d’Arte di Venezia, giunta ormai alla sua 58esima edizione.
May You Live In Interesting Times: questo il titolo stabilito da Ralph Rugoff, direttore della Hayward Gallery di Londra, per l’appuntamento all’insegna del Bello di quest’anno. Analizzando con occhio critico la frase scelta, che riprende un motto cinese per il quale viene augurato al nemico di vivere in tempi incerti, si coglie il tema unificante dell’intera mostra: il senso di incertezza che alcuni avvenimenti recenti, come le nuove ineguaglianze, le tragedie dei migranti, il cambiamento climatico, stanno andando a suscitare capillarmente nelle coscienze di tutto il mondo.
Entriamo ora nel vivo dell’evento: con 79 artisti provenienti da 38 Paesi diversi, di cui un buon 50% è costituito da giovani donne che portano con sé opere mai esposte, la Biennale d’Arte si rivela più contemporanea del solito, quasi a voler svecchiare alcuni rituali stantii che regolano il mondo rappresentativo ed espositivo.
Un dato che è rimasto invariato rispetto alla precedente edizione è la location: anche quest’anno il corpo centrale dell’evento è costituito dai Giardini e dall’Arsenale di Venezia. Come da tradizione, il padiglione centrale si trova nei Giardini, ed ospita al proprio interno i 29 stand più antichi (tra i quali ricordiamo quello di Francia, Germania e Regno Unito), mentre l’Arsenale, con i suoi 50mila metri quadri di superficie, funge da punto nevralgico per tutte le altre esposizioni internazionali, per parte della mostra curata da Rugoff e, naturalmente, per il Padiglione Italia, quest’anno curato da Milovan Farronato, direttore del Fiorucci Art Trust.
Ma la Biennale non si ferma qui: con 21 eventi collaterali nei principali luoghi d’interesse della città, che spaziano dalle chiese ai magazzini, questo evento si propone di affrontare il tema di quest’anno in maniera ben strutturata e di dare uno spazio ed una prospettiva differente a tutte le varie sfaccettature che lo costituiscono.
Del resto, fare arte significa proprio saper dare un punto di vista diverso da quello che ci si aspetta in un dato luogo e momento, ridefinire alcune delle coordinate percettive alle quali si è abituati, grattare la superficie di qualcosa per comprenderlo di più e, chissà, magari anche trarne un messaggio nuovo.
Stando ai primi pareri dei visitatori della mostra, c’è chi suggerisce di non perdersi i padiglioni di Brasile, Giappone e Italia. Fateci sapere la vostra!
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