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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Minority” – Green Day
In fin dei conti il proprio regime alimentare è una scelta. Dettata da impellenze fisiologiche, tipo: se mangio troppa pizza divento grasso, se bevo troppa birra divento alcoolista e grasso, se mangio troppi dolci forse diventerò diabetico. Per cui meglio evitare gli eccessi, se questa estate vogliamo indossare un costume diverso da quello di Doraemon comprato appositamente per il carnevale 2013, e soprattutto rimanere in buona salute.
Un altro tipo di scelta alimentare, sempre legata agli eccessi –ma di diverso tipo- è quella che concerne la sfera della ragione. Anche qui sappiamo che una determinata cosa fa male, ma non solo a noi stessi, non solo a tutti gli individui, ma anche al mondo intero. Non sto parlando della carne. Anche perché non avrei alcun titolo per dire se faccia bene o male. Anche qui, scelta personale. Sto parlando del sistema.
Il 19 luglio 2021, proprio in Italia ci sarà un incontro fondamentale per capire di che sorte devono morire le migliaia di mucche presenti per il globo, o da quali porte devono sortire le varie aziende in giro per il mondo che producono cibo. Si tratta di una sorta di riunione preparatoria del Food System Summit.
E allora la questione diventa centrale e di portata internazionale. Perché nell’epoca della svolta “Green”, dovuta all’evidente emergenza climatica, che coinvolge multinazionali di tutti i settori e ambiti, il tema non poteva non toccare uno dei mercati più redditizi, quello del Food. Perché tutti mangiamo. Quasi tutti.
Anche questo sarà un tema, perché molto probabilmente un sistema diverso, finalmente potrà garantire una distribuzione delle risorse alimentari più equo.
Per fortuna quel che non può la ragione, può una “Forza Misteriosa” che governa e sensibilizza la moltitudine: la Moda. Anche nel Food le mode esistono! E se tu, per convinzione morale da Tritatutto che eri, capace di grandi ecatombi degne di un poema omerico, poi sei diventato pescetariano, poi vegetariano, poi vegano, in base al tuo livello di sensibilità e conoscenza.
Ora è il turno del Climatariano. Fa la sua ricomparsa dal lontanissimo- in unità di misura millennial- 2015. Un sacco di tempo fa. Se ne era dimenticata l’esistenza, o forse non se ne era mai venuto a conoscenza. Eppure, stando a tutti i dati, sembra che il suo ritorno sia quotatissimo in questo 2021 e per tutti gli anni a seguire. Un trend, prima passato in sordina, che l’evolversi del mondo a rielevato alle più alte sfere della moralità gastronomica.
Il Climatariano, termine coniato dai cervelloni del New York Times per sostituire il più cacofonico Ecotariano innanzitutto è una persona che ha a cuore il pianeta e cerca di salvarlo operando scelte quasi “rivoluzionarie”. Si rende conto che le emissioni di Co2, dovute alla produzione intensiva di carni, sono troppe – e anche il costo- per cui ne limita il consumo. Segue la stagionalità, nel senso che il sistema produttivo di una zucchina coltivata in Finlandia in inverno ha più emissioni e quindi più costo di una zucchina coltivata in Italia d’estate. Per cui fa scelte pratiche. Predilige il chilometro zero, quindi mangia locale. Fa attenzione hai rifiuti, a quanti ne produce e se i negozi dove acquista hanno un packaging ecosostenibile.
Tutto questo è bello, il mondo ringrazia e anche il nostro organismo. Il fatto è che ci è voluto un nome alla moda, un trend e di un evento di attenzione mediatica mondiale per farci capire una cosa dettata altrimenti dal buon senso. Della serie: ero climatariano anche io e non lo sapevo. La cosa triste è che ne abbiamo bisogno.
Written by: Andrea Famà
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