Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Fotografia” – Carl Brave
Cucinare è un’arte. Quante volte ci succede di ammirare il piatto e la sua composizione prima di assaggiarlo? E’ un rito, quasi una piaga ormai. Al ristorante c’è più gente presa a fotografare e condividere i piatti che quella intenta ad assaggiare e godersi l’esperienza. Ma è anche naturale. La bellezza estetica stimola le nostre percezioni e ci prepara al piacere che ci regalerà un determinato piatto.
La ricerca del bello è da sempre una missione essenziale della cucina di ogni cultura. Il cibo con il suo “potenziale” la sua varietà di alimenti, con la diversità di ricette e stili è il campo da gioco perfetto per stimolare la creatività. E’ scontato. Più un piatto si presenta bene più è invitante.
“Un piatto non deve essere semplicemente bello. La cucina racconta una storia, una tradizione. E’ un racconto. Tutti sono capaci di fotografare il proprio piatto. Ma nella fotografia nel Food & Beverage, lo scopo non è semplicemente condividere. E’ comunicare un messaggio”.
A parlare è Angelo Silverstrini, Food Photographer. Nell’era della comunicazione social, poi, immediata e diretta, le immagini hanno un peso importante anche dal punto di vista del marketing. E molite attività sono ricorse all’ausilio di questa figura professionale.
Perché è così importante?
Quelle belle foto che vediamo sui profili dei ristoranti hanno un preciso obiettivo: trasformare un osservatore in un consumatore. Ed è una strategia efficace. Ma la stessa foto deve avere delle caratteristiche precise.
“Non si tratta semplicemente di valorizzare un prodotto dal punto di vista estetico. Questo qualsiasi buon fotografo potrebbe farlo. Si tratta di avere il prodotto a cuore, conoscere un mondo, un contesto che ami raccontare. Ovviamente poi ti devi confrontare con gli obiettivi. Quelli del cliente. 
Ma alla fine è sempre uno di base: quello di invogliare il potenziale consumatore a dire: “Oh, quanto è bello questo piatto, dove lo fanno? Quasi quasi ci vado. Praticamente è una pubblicità. Ma invece di uno spot video la foto ha il potere dell’immediatezza, sostanzialmente simile a quando il cameriere ti porta il piatto pronto sul tavolo. E’ come se te lo vedessi davanti”.
Ma un food photographer non è solo un fotografo pubblicitario, per quanto le due figure siano assimilabili.
Ci addentriamo sempre di più nel campo dell’arte.
La fotografia e la cucina sono arti del racconto, in un certo senso. La Food Photography le riassume. Entrambe raccontano la storia di una tradizione, di un’esperienza. L’una con un piatto, l’altra con uno scatto.
“Ci vuole passione, prima di tutto. Io personalmente sono un fotografo e anche uno Chef diplomato. Conosco ciò che voglio raccontare, e so che sono le stesse che vuole raccontare lo Chef nella sua arte. A partire dalle materie prime.
Io sono lucano. Subisco il fascino della tradizione fatta a mano per esempio. Amo il pensiero della nonna che fa gli gnocchi e utilizza le materie prime. Quando poi assaggiavo il risultato era sempre uno spettacolo. La stessa cosa si prova a fare con una foto. Un Food Photographer non ti fa vedere semplicemente quanto è appetitoso un piatto, ma ti sta dicendo, anzi raccontando, tutto il lavoro, l’amore la ricerca che ci vuole per realizzarlo. E tu che guardi potrai verificare il risultato solo assaggiando, andando oltre la semplice apparenza. Un po’ come in un film”.
Infatti la Food Photography è legatissima al mondo dell’arte visuale. I set vengono studiati, decisi come in un set cinematografico. La location, i colori, l’arredamento intorno. Tutto è importante.
“La cosa fondamentale è la luce. La luce giusta e l’atmosfera sa disti il mood del tuo ristorante e il messaggio di fondo. Per cui troveremo un ristorante che vuole trasmettere gioia,
completamente invaso da luce naturale e solare, un piatto che vuole comunicare eleganza, magari semi illuminato da un gioco d’ombre con lo sfondo nero. E’ un po’ come dipingere un quadro”.
Arte e Food photography sono così legate tra di loro che esiste addirittura un genere della paesaggistica chiamato foodscape- che trova forse il più alto esempio moderno nelle opere di Carl Warner– che tende a valorizzare un luogo utilizzando proprio i suoi prodotti tipici.
Guardando al passato basta ricordare quei quadri raffiguranti il genere della still life, ma che in Italia amiamo definire col brutto termine di “natura morta”. Niente di più fuorviante. Al contrario, il cibo è vivo e vitale! E questa è una delle cose che una buona Food Photography deve saper raccontare.
“L’arte è imitazione della vita, che altro dovremmo raccontare? Non tanto la realtà, altrimenti saremmo reporter e racconteremmo l’attimo, noi non avremmo alcun talento se non aver avuto l’occhio e aver saputo cogliere l’istante giusto. Nella Food Photography il nostro lavoro è a priori”.
Raccontare è compore, scegliere, saper valorizzare quel che di buono e di bello c’è al mondo.
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