Un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Oncologia Sperimentale dell’Istituto Europeo di Oncologia ha dato una svolta agli studi sulle cellule tumorali, consentendo di prevedere lo sviluppo di uno dei tumori al seno più diffusi: Luminal B.
Grazie all’analisi dei meccanismi che generano le cellule staminali del cancro, i ricercatori hanno individuato un nuovo set di geni che permetterebbe di identificare le pazienti che possono evitare la chemioterapia, perché avranno in ogni caso una prognosi favorevole.
Il lavoro è riuscito poi a spiegare anche una proprietà fin ora sconosciuta: le cellule tumorali possono ri-trasformarsi in cellule staminali tumorali, come se si riprogrammassero secondo dei meccanismi ben precisi. È facilmente intuibile, quindi, la grandiosità di questo studio che ha aperto nuove possibilità di ricerca e cura.
Nel 2009 abbiamo scoperto il meccanismo biologico di duplicazione di queste cellule (la divisione simmetrica) e come bloccarlo con farmaci specifici. Oggi abbiamo scoperto che, sorprendentemente, le cellule cancerose prodotte dalle staminali, che formano la maggior parte del tumore, possono a loro volta ri-trasformarsi in staminali. Quindi, le cellule staminali del cancro hanno imparato sia come generarsi che come ri-generarsi.
Pier Giuseppe Pelicci, Direttore della Ricerca IEO e referente dello studio
È stato scoperto che il gene responsabile di questa rigenerazione è lo stesso che ne controlla la duplicazione: il P53 associato con il MYC ri-produce le staminali quando avviene una diminuzione del primo e un aumento del secondo.
L’intervento su quest’ultime è un’operazione particolarmente drastica, poiché agisce sulla nascita della malattia e non tanto sulla proliferazione delle cellule tumorali, che avviene di conseguenza.
La scoperta di oggi ci conferma che vincere la scommessa sulle staminali del cancro significa probabilmente vincere la scommessa contro la malattia.
Pier Giuseppe Pelicci
Thalia Vlachou, una biologa dell’equipe, ha spiegato quindi che ancora non vi sono strumenti per riconoscere quali pazienti siano guarite dopo la chirurgia, risparmiandosi così la chemioterapia, ma per i tumori le cui cellule staminali si riproducono con minore frequenza o quasi per niente, si potrebbe evitare di ricorrere alla sopracitata terapia medica.
Lo sviluppo di una firma molecolare propria permetterebbe quindi di identificare le donne guarite e trattare solo quelle che ne hanno bisogno, compiendo un enorme passo avanti nella personalizzazione delle cure.
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