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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “World in Union” – Hayley Westenra
C’è aria di festa in questi giorni a Roma grazie alla disputa del Torneo Sei Nazioni di Rugby. In genere, per descrivere questo sport, viene usata una frase soltanto, e il discorso finisce lì.
“Il calcio è un gioco da signori, giocato da animali. Il rugby è un gioco da animali, giocato da signori.”
Senza offesa per i calciatori, ovviamente.
Ma oggi vorrei fare qualcosa di, più tentare di spiegare meglio la parte che ci interessa. –La seconda, per intenderci.–
Perché forse è vero che:
“Nel rugby, o hai la palla o tiri giù l`avversario. Il resto è filosofia.”
(Francesco Volpe)
Il principio del rugby è molto semplice: si schierano 15 giocatori per squadra e si deve portare la palla attraverso il campo avversario fino alla meta, ma questa può essere passata ai propri compagni solo lanciandola all’indietro. –della serie “complicarci la vita non è mai abbastanza”-.
“Il rugby è un gioco primario: portare una palla nel cuore del territorio nemico. Ma è fondato su un principio assurdo, e meravigliosamente perverso: la palla la puoi passare solo all’indietro. Ne viene fuori un movimento paradossale, un continuo fare e disfare, con quella palla che vola continuamente all’indietro ma come una mosca chiusa in un treno in corsa: a furia di volare all’indietro arriva comunque alla stazione finale: un assurdo spettacolare.”
(Alessandro Baricco)
Ma fosse così facile, a rugby ci giocherebbero tutti.
La complicazione vera e propria è che il contatto fisico è permesso e perciò i giocatori sono dei veri e propri colossi e le partite a volte sembrano degli incontri di wrestling.
“Il rugby è uno sport da gentlemen. Prima di tirare il pallone, indietro, al tuo compagno, tu devi controllare che lui stia bene, che sia ben disposto, aperto, disponibile, ottimista. Non puoi tiragli un pallone vigliacco che gli arriva assieme a due energumeni che gli fanno del male. Però mentre tu fai tutto questo bel ragionamento etico, ce n’è altri ventinove che ti guardano di cui, quattordici tuoi e quindici no, e di questi, tre ti corrono addosso, due grossi e uno piccolo, ma cattivo, e la prima tentazione è di dare il pallone al tuo compagno.”
(Marco Paolini)
E proprio perchè il contatto fisico è obbligatorio, non si può giocate da solo.
Una costante, in questo gioco, –oltre a correre chilometri– è ritrovarsi a rotolare sul terreno, schiacciati da due o tre giocatori avversari che ti hanno placcato –termine tecnico che serve a dire “ti afferro e ti trascino a terra con la forza di un treno merci, così non puoi fare nemmeno un passo avanti e sei costretto a lasciare quella palla”-.
E mentre si gioca, è frequente che giocatori si procurino lesioni gravi, ossa rotte, commozioni celebrali e qualsiasi cosa possa essere immaginata; eppure, dopo massimo una decina di secondi stesi a terra, si rialzano e continuano a giocare.
“Segnare una meta richiede una serie di azioni che in qualunque altro contesto procurerebbe ai protagonisti una condanna a quindici anni di galera.”
(Pelham Grenville Wodehouse)
Perchè ti insegna la testardaggine, il rugby.
Quella che non ti fa ascoltare nessuno e andare avanti, che ti fa rialzare nonostante tu sia stato gettato a terra, e questo tipo di testardaggine, nella vita, è fondamentale. Perchè il tuo compagno di gioco ha la palla e tu devi tornare a correre.
“Un giocatore di rugby o si rialza da solo o va dritto in ospedale.”
(Brad Johnstone)
Ma i veri insegnamenti di questo sport non si fermano a questo.
Nel rugby non esistono rancori.
Suona così strano a chi è abituato al calcio, che il Italia è lo sport più diffuso, dove l’arbitro viene contestato, i giocatori provano “odio” nei confronti degli avversari e i tifosi sono così competitivi da dover venire separati.
Eppure sugli spalti del rugby le bandiere della squadre vengono sventolate una accanto all’altra e i tifosi ridono insieme. –Forse anche grazie ai fiumi di birra-. E i giocatori poi non portano rancore, si sorridono tranquilli.
“Nel rugby si gioca con un avversario, non contro un avversario.”
(Thomas Arnold)
E questo è dovuto proprio alla struttura delle partite:
“Il rugby è aggressività, è guerra. Ma dopo viene la pace più bella del mondo.”
(Marco Bollesan)
Viene infatti definito così ciò che avviene dopo la partita, quando i giocatori e i tifosi vanno a prendere una birra e a divertirsi tutti insieme.
“La partita è di due tempi, ma il più importante è il terzo, fatto di birre, sudore e strette di mano tra chi dieci minuti prima se le dava di gusto.”
(Francesco Bucchieri)
E infatti, spesso capita che sugli spalti escano fuori gli “E se…”, o, per meglio dire, uno solo: E se il rugby fosse al posto del calcio in Italia?
Sarebbe tutto diverso, questo è certo.
“La più bella vittoria l’avremo ottenuta quando le mamme italiane spingeranno i loro figli a giocare al rugby se vorranno che crescano bene, abbiano dei valori, conoscano il rispetto, la disciplina e la capacità di soffrire. Questo è uno sport che allena alla vita.”
(John Kirwan)
Alcuni, quelli che hanno visto meno partite, temono che possa diventare come il calcio, ma il clima di solidarietà che si respira e si gusta durante le partite è qualcosa che rende veramente impossibile pensare a questa possibilità.
“C’è di tutto nel rugby. Una commedia umana piena di sensibilità, speranza e delusione, di riso e lacrime.”
(L. Malle)
Written by: Aurora Vendittelli
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