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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Quanto sei bella Roma” – Anna Magnani
43 anni fa scompariva Roberto Rossellini. Geniale regista che riscrisse la storia del cinema italiano durante la grande guerra.
Ricordo, come se fosse ieri, il giorno del mio primo esame di cinema all’università. Il tema che scelsi fu il neorealismo di Roberto Rossellini e non avevo proprio idea del mondo straordinario che mi si sarebbe spalancato davanti di lì a poco.
Iniziai lentamente a sfogliare quel tomo gigante e la storia di questo regista mi risucchiò una volta per tutte.
Siamo negli anni quaranta. E le opere di Rossellini cambiano per sempre il modo di fare cinema in Italia. Con Vittorio De Sica e Luchino Visconti completò la triade dei maestri del neorealismo cinematografico.
Romano di Roma, morì nella sua stessa città proprio oggi, il 3 giugno di 43 anni fa. Prese confidenza con il backstage della “settima arte”, frequentando la sala cinematografica del padre, la prima aperta nella Capitale, il Barberini. Un “destino” segnato, ma che avrebbe presto ricevuto la sua personale firma esclusiva.
Se non vi è mai capitato di guardare un film di questo genere dovete recuperare in fretta.
Ma siate pronti a tutto!
Pronti a una verità scomoda, che vi schiaffeggerà e vi colpirà dritti in pancia.
Pronti ad essere catapultati in un’atmosfera talmente vera, cruda, essenziale che ne resterete sconvolti e rapiti insieme.
Pronti a intrufolarvi nelle vite di personaggi delle classi disagiate, dei lavoratori, dei prigionieri di guerra. E sarete trascinati con prepotenza in mezzo alle strade, con lunghe riprese all’aperto. Sullo sfondo solo povere case, strade sterrate e ciò che resta della devastazione bellica.
Molti dei personaggi che vedrete sullo schermo sono attori non professionisti. Garanzia di autenticità nei movimenti, nell’esternazione degli stati d’animo, nelle reazioni, nelle parole.
Farete i conti con le situazioni economiche e morali del dopoguerra italiano, quelle quotidiane, quelle che vi hanno raccontato forse i vostri nonni.
Vi scontrerete con anime che riflettono i cambiamenti, i sentimenti e le condizioni di vita di un tempo critico e tumultuoso. Speranza, voglia di riscatto, desiderio di lasciarsi il passato alle spalle e di cominciare una nuova vita. E poi ancora frustrazione, povertà, disperazione. Quanto di più schiacciante e vero riuscite a immaginare lo vedrete scorrere davanti ai vostri occhi, frame dopo frame.
Siamo nell’immediato dopoguerra.
Il centro della produzione cinematografica italiana, Cinecittà, viene occupato dagli sfollati. È quindi temporaneamente indisponibile ai registi. Ed è qui che il cinema scende in strada. Serpeggiando nel disagio, nella povertà, in storie alla portata di tutti e nelle quali ognuno può riconoscere qualcosa di sé stesso.
Fu questa la grande abilità di Rossellini. Saper raccontare in modo affatto scontato ciò che appartiene alla memoria di tutti noi. La storia da cui le nostre generazioni provengono, le nostre rivalse, le piccole conquiste, gli stati d’animo esasperati da situazioni al limite.
Una fra tutte.
Indimenticabile.
Indimenticata.
“Roma, quartiere Prenestino.
Durante un rastrellamento dei soldati tedeschi che portano via alle famiglie decine di uomini, una donna si ribella, sfugge al controllo dei militari e corre dietro alla camionetta.
Pina, interpretata da Anna Magnani, ascolta la voce straziata di Francesco come un richiamo, e non c’è fucile che tenga.
L’urlo di lei sembra riecheggiare in tutta la città: “Francesco, Francesco…”.
La donna esce dal portone di Via Monte Cuccoli 17… corre.
La macchina da presa la precede frontalmente, poi uno stacco laterale, la camionetta è ormai partita.
Aldo Fabrizi, il prete, stenta a trattenere il piccolo Marcello, poi una sventagliata di mitra, il corpo della Magnani cade al suolo, le urla del bambino che si getta sul corpo ormai esanime della mamma. Da quel momento il cinema non sarà mai più lo stesso.
La realtà irrompe sugli schermi, inizia il neorealismo.
È rivoluzione.
Rossellini iniza a girare pochi mesi dopo la liberazione di Roma, a guerra ancora in corso, con pochissimi mezzi tecnici e senza poter usufruire dei teatri di posa; Cinecittà ospitava gli sfollati.
Alla sceneggiatura Sergio Amidei e Federico Fellini.
Era il gennaio del ‘45.”
Dal web
A quell’esame fui bocciata. Ma da allora giuro che mai nulla fu più all’altezza dell’impressionante verità, poderosa, diretta e prepotente, che mi scosse l’anima con quel film.
Written by: Valentina Proietto Scipioni
Tempo di lettura 4 minuti
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