Speciali richiami per dare una mano alle foreste di coralli e a chi le abitano
Durante la lettura si consiglia l’ascolto del brano “(TRASH 新 ドラゴン version)”
La barriera corallina, splendido bioma marino che a causa nostra potrebbe in un futuro prossimo scomparire: dalla pesca a strascico che devasta le strutture minerali dei coralli, rifugio per migliaia di specie simbiotiche, all’esplosione della mania per gli acquari esotici, l’habitat è stato in generale depauperato a tal punto da provocare lo “spegnimento” nel mondo di intere aree di Reef, spesso sottoforma di massicci sbiancamenti. Ma l’allarme potrebbe estendersi molto più in là per gravità: alcuni ricercatori dell’Università del Queensland stimano che con l’innalzamento delle temperature marine tra appena 50 anni la Grande Barriera Corallina australiana potrebbe non esistere più, la totale cancellazione di uno dei più grandi e delicati ecosistemi naturali (estendendosi per 340.000 chilometri quadrati, in 2200 km di lunghezza).
Ma come solo l’uomo sa fare, per un grande problema antropogenico si risponde con una grande soluzione antropogenica: un nuovo approccio potrebbe ripopolare efficacemente le barriere al fine di preservarne la scomparsa.
Prodotto di uno studio sul campo durato sei settimane, i ricercatori dell’Università dell’Exeter e dell’Istituto Australiano di Scienza Marina Timothy A. C. Gordon, Andrew N. Radford e Isla K. Davidson hanno esposto mediante altoparlanti il reef ormai semi-degradato a degli input acustici mimanti i rumori che una barriera corallina sana dovrebbe produrre (tra cui ad esempio il suono dei detriti prodotti dai coralli, il Coral-Rubble) monitorando i cambiamenti nella popolazione ittica locale: il risultato è stato sorprendente.
Si è notato che solamente usando questo metodo si è verificato un incremento dell’arricchimento faunistico pari a circa il 50%, con una manifesta efficacia di ripopolamento: se combinato poi con metodi più attivi e diretti di bonifica, e ancor meglio misure efficaci di conservazione della biodiversità, si pensa che in futuro riparare le barriere in questo modo potrebbe accelerare notevolmente il tempo di “convalescenza” del bioma sia dal punto di vista temporale che spaziale.
Insomma, una gradita speranza in più al fine di salvare forse il più splendido dei luoghi del pianeta.
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