Oggi, 31 luglio, è l’anniversario della nascita di Primo Michele Levi. Lo scrittore, partigiano e chimico nacque a Torino il 31 luglio 1919 da genitori di origini ebraiche e morì, sempre a Torino, l’11 aprile del 1987.
Frequentò il liceo classico D’Azeglio di Torino ed ebbe tra i propri insegnanti diversi oppositori del regime fascista. Successivamente si iscrisse alla facoltà di chimica. Nel 1938 entrarono in vigore le leggi razziali, che indubbiamente condizionarono il suo percorso: infatti, nonostante la laurea con lode, incontrò varie difficoltà economiche e lavorative; è a questo periodo che risalgono i primi esperimenti letterari.
Nel 1942 si trasferì a Milano e, in contatto con gli ambienti antifascisti, si iscrisse al Partito d’Azione clandestino.
Nel 1943 venne catturato dai nazifascisti e quindi, nel febbraio dell’anno successivo, fu deportato nel campo di concentramento di Auschwitz, dove rimase fino alla liberazione da parte dell’Armata Rossa, avvenuta il 27 gennaio 1945. Fu uno dei venti sopravvissuti dei 650 ebrei italiani arrivati con lui al campo, esperienza che lo segnò profondamente e che lo spinse a scrivere il suo più celebre romanzo: “Se questo è un uomo“. In quest’opera, considerata classico della lettaratura mondiale, l’autore racconta le sue terribili esperienze nel lager nazista, proponendo la cruda testimonianza di un sopravvissuto alla Shoah. L’importanza che gli viene ora riconosciuta non corrisponde però a quella del tempo: il libro venne rifiutato da diversi editori e infine pubblicato da De Silva, con scarso successo di vendite.
In seguito il chimico si allontanò dalla letteratura dedicandosi agli studi scientifici, per poi riavvicinarvisi e comporre alcuni dei suoi testi più famosi, tra cui “La Tregua“, con cui narra a quindici anni dalla pubblicazione di “Se questo è un uomo” il tortuoso viaggio di ritorno in Italia da Aushwitz.
Successivamente dette alle stampe una raccolta di racconti, “Il Sistema periodico“, in cui l’autore definì il suo scrivere come
un’opera di chimico che pesa e divide, misura e giudica su prove certe, e s’industria di rispondere ai perché.
Seguirono le pubblicazioni di “La chiave a stella” e “Se non ora, quando?“, con cui tornò sui temi della seconda guerra mondiale attraverso le avventure di un gruppo di partigiani. Concluse la sua carriera letteraria con l’ultimo rimando all’Olocausto nella raccolta di saggi “I sommersi e i salvati“, celebre per il tentativo di trattare in maniera oggettiva e distaccata l’esperienza vissuta nel campo di concentramento e di analizzare il comportamento della cosiddetta “zona grigia“, cioè di tutti coloro che assistettero e parteciparono in maniera più o meno diretta alle atrocità del progetto nazista.
È ingenuo, assurdo e storicamente falso ritenere che un sistema infero, qual era il nazionalsocialismo, santifichi le sue vittime: al contrario, esso le degrada, le assimila a sé, e ciò tanto piú quanto piú esse sono disponibili, bianche, prive di un’ossatura politica o morale. Da molti segni, pare che sia giunto il tempo di esplorare lo spazio che separa (non solo nei Lager nazisti!) le vittime dai persecutori, e di farlo con mano piú leggera, e con spirito meno torbido, di quanto non si sia fatto ad esempio in alcuni film. Solo una retorica schematica può sostenere che quello spazio sia vuoto: non lo è mai, è costellato di figure turpi o patetiche (a volte posseggono le due qualità ad un tempo), che è indispensabile conoscere se vogliamo conoscere la specie umana.
Primo Levi venne trovato morto l’11 aprile 1987 in casa sua a seguito di una caduta; non è mai stato chiarito se la caduta che ne ha provocato la morte sia stata dovuta a cause accidentali o se sia stato un suicidio.
Il contributo dato da questo personaggio è inestimabile: egli affronta il tema dell’Olocausto sia in prima persona sia da un punto di vista esterno, quasi scientifico. Perciò un tale patrimonio storico-letterario va custodito e tramandato nella speranza che mai più riaccada nulla di simile.
L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremmo mai togliere il segnalibro della memoria.
Primo Levi
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