Claude Levi-Strauss: cos’é normale?
Oggi 1 novembre ricordiamo la scomparsa di un uomo che è riuscito a dare un apporto all’antropologia talmente grande da influire su tutto ciò che pensavamo di conoscere del mondo: Claude Levi-Strauss.
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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Una storia sbagliata” – Fabrizio De André
Il 2 novembre ricorre la morte di Pier Paolo Pasolini. Sono trascorsi quarantacinque anni da quella notte insanguinata all’idroscalo di Ostia in cui ha perso la vita. In seguito, si è raccontata Una storia sbagliata, come canta De André, per spiegare le tragiche dinamiche della scomparsa. La morte di Pasolini getta l’Italia in una condizione di orfanità. L’assassinio scandisce un prima e un dopo, senza soluzione di continuità, e il mondo ne esce cambiato.
Pasolini è un poeta, un romanziere, un saggista, un cineasta, un giornalista, un drammaturgo, un critico letterario. È un artista versatile: esordisce nella poesia e tutte le altre attività spontaneamente scaturiscono dall’ossessione e dall’esuberanza del poeta Pasolini. A fare da comun denominatore a tutti questi ambiti di applicazione c’è la figura dell’intellettuale, del tipo che si forma in Francia con Émile Zola. Un artista che rifiuta di essere solo un letterato, nell’accezione dispregiativa di idealista, e irrompe nel dibattito pubblico sconfinando dal proprio campo di interesse.
Tutti lo ricordano come l’intellettuale dello scandalo, il “solito stronzo” come direbbe Arbasino, l’elemento centrale del trittico che proviene dalla “bella promessa” e sfocia nel “venerato maestro”. È scandaloso non perché divelle le erbacce della menzogna, ma perché ha il coraggio di dire tutto ciò che gli altri evitano di guardare. Si accanisce senza urlare contro la borghesia e le sue conseguenze, prime tra tutte la trasformazione del consumo in valore.
La storia di Pasolini è quella di un’opposizione non dialettica, di un contrasto insanabile che non prevede una sintesi conciliatoria. Progressista e reazionario, personaggio pubblico e intellettuale sprezzante del successo, cattolico e anticlericale, comunista e anarchico comunitario, appassionato e anti-edonista.
L’andatura ossimorica di Pasolini emerge se si osserva, ad esempio, il ruolo di precursore che svolge in riferimento ad alcune rivendicazioni. In Comizi d’amore, il film-verità del ’64, Pasolini scende in strada per registrare i cambiamenti degli Italiani, nella forma dell’intervista. Domanda ai giovani scapoli e ai padri di famiglia cosa pensano degli “invertiti” e lo disgusta la loro condanna. Pasolini è un sociologo perspicace, capace di presagire alcuni cambiamenti sociali epocali, ma combatte anche una battaglia personale senza nascondersi. Nel ’70, però, l’uomo dalle ampie vedute si pronuncia contro l’aborto perché le premesse liberali di quella legalizzazione, la permissività sessuale, altro non erano che caratteristiche del consumatore.
Negli ultimi anni della sua vita cambia e nel registrare il nuovo sistema valoriale dell’Italia, che è più un vuoto valoriale, perde le antiche speranze. Eppure, resta eclettico, ambiguo, controverso, provocatore; in una sola parola: pasoliniano.
Dopo la morte di Pasolini, Fabrizio De André scrive insieme a Massimo Bubola Una storia sbagliata. In realtà, si tratta di un brano richiesto da Franco Biancacci, a quel tempo a Rai 2, per fare da sigla a un documentario su Pasolini.
De André vive la scomparsa dell’artista come un lutto e, in particolare, come la scomparsa di un parente stretto. L’Italia perde un intellettuale come ne esistono pochi, non solo nel nostro paese. Per questo motivo, e non solo, De André testimonia una storia sbagliata, cioè in primo luogo un evento che non sarebbe dovuto accadere.
Si è discusso molto della morte di Pasolini, tanto che è diventata “una storia per parrucchieri”, da leggere su qualche rivista nel tempo di attesa. Sarebbe morto per il colpo di un masso sulla testa, poi più volte schiacciato da un’Alfa Romeo 2000 GT. Eppure, ancora oggi nessuno sa dire come sono andate realmente le cose. Si pensa, quasi unanimemente, che Giuseppe Pelosi, diciassettenne di borgata, non sia stato l’unico responsabile del delitto. Qualcuno parla di un complotto per eliminare un personaggio realmente scomodo. In ogni caso, resta “una storia mica male insabbiata”, tanto che Pelosi è stato condannato per l’omicidio in concorso con ignoti.
De André racconta la storia di un assassinio in una notte concitata nella periferia romana, ma canta anche la storia di una sostanziale impossibilità di essere sé stessi. “Storia diversa per gente normale/ storia comune per gente speciale” dove per normalità si intende grettezza e dove la particolarità non è altro che differenza. Il cantautore parla di una sostanziale ipocrisia, di una condanna e del tentativo di soffocare una voce fuori dal coro, scomoda appunto.
Dopo 45 anni, quello che resta è il ricordo del tono, della particolare musicalità di Pasolini e dei versi dell’irripetibile poetica di De André.
Written by: Irene Pompeo
Oggi 1 novembre ricordiamo la scomparsa di un uomo che è riuscito a dare un apporto all’antropologia talmente grande da influire su tutto ciò che pensavamo di conoscere del mondo: Claude Levi-Strauss.
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