Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Mela da scarto” – Lucio Dalla
Bentornati nella nostra rubrica, oggi parliamo di una parola che descrive un concetto molto presente nelle nostre giornate.
Questo termine è “paralipomeni” – utilizzabile solo al plurale – e si riferisce infatti alle “cose omesse” o “tralasciate”, quindi ai resti, gli scarti, o comunque a ciò che viene dimenticato.
Questo vocabolo deriva dal latino tardo paralipomĕna, adattamento del greco παραλειπόμενα (“paraleipomena”, cioè le cose tralasciate), termine relativo al verbo παραλείπω “tralasciare”, formato dal prefisso παρα- (tra) λείπω (prima persona singolare di “lasciare”).
La parola nasce da una costola molto importante della nostra cultura: l’Antico testamento. “Paraleipomena” è infatti il titolo attribuito, nella versione greca dei Settanta, a due libri dell’Antico Testamento, relativi alle Cronache del testo ebraico.
Nell’arte questa parola ha spesso fatto da titolo per opere relative alla continuazione – delle specie di sequel – di altre opere o scritti; come i Paralipomeni della Batracomiomachia di Leopardi, che riprendono un opera greca chiamata appunto “Batracomiomachia”, di qui abbiamo parlato qui.
Il dizionario Garzanti infatti alla voce “paralipomeni” non parla in generale di “cose tralasciate”. Scrive direttamente: “scritto, opera che costituisce il completamento o la continuazione di un’opera precedente”.
Nel nostro viaggio all’interno della nostra lingua stiamo esplorando le varie fonti della nostra cultura, e dunque della nostra comunicazione.
Dopo aver visto infatti come la lingua dialoga con il cinema e con l’opera omerica – potete leggere tutto ciò nei nostri precedenti articolo cliccando qui – oggi abbiamo approfondito il fatto che le scritture Cristiane sono un’enorme fonte di parole che utilizziamo.
E, soprattutto, abbiamo scoperto una nuova ed interessantissima parola con cui colorare il nostro linguaggio!
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