Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Mamihlapinatapai” – Galeffi
Siete solo voi due, seduti, e vi guardate. Vi piacete. Lo sapete che vi piacete. E c’è qualcosa nell’aria che vi suggerisce che entrambi vorreste baciarvi.
Oggi si parla di una di quelle parole che esprimono uno dei “non detti” per eccellenza, qualcosa che vorremmo dire ma non possiamo o non sappiamo come, se non con una frase lunghissima.
Questo termine è mamihlapinatapai, ed indica il “guardarsi reciprocamente negli occhi in attesa che l’altro faccia qualcosa che entrambi desiderano, ma che nessuno osa fare per primo”.
Sembra difficilissimo da pronunciare, ma Galeffi ci aiuta con una sua canzone, in cui in maniera tranquilla e disinvolta ci mostra che si pronuncia – tra molte virgolette – “come è scritto”: mamilapinapatai, senza aspirare la h.
La nostra parolona proviene dallo lingua parlata dagli Yamana, una popolazione indigena purtroppo ormai quasi estinta che abita nella Terra del Fuoco, un arcipelago vicino ad Argentina e Cile.
Questo termine è ormai diffusissimo: per esempio Samu Castillejo, calciatore del Milan, se l’è tatuato.
E’ vero, sì, che mamihlapinatapai sta avendo così tanto successo perché esprime davvero uno di quei concetti che altrimenti non sapremmo esprimere, se non con una frase lunghissima.
Ma soprattutto perché la sensazione di “guardarsi in attesa che l’altra o l’altro faccia il primo passo per qualcosa che entrambi vogliono” è qualcosa che tutti abbiamo provato in momenti molto belli.
Dall’istante prima di un bacio a quello, un po’ meno romantico, in cui ti guardi con il tuo amico e sapete che entrambi volete ordinare la pizza, ma l’avete già mangiata la sera prima: mamihlapinatapai.
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