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Cultura

Parole da cantare: sugli scalini di “bambagia”

today16 Febbraio 2023

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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Hai pensato mai” – Enzo Jannacci

“E alle nuvole hai pensato mai? Leggere bianche rosa o nere a strisce in mezzo al cielo, scalini di bambagia. Tu ci hai pensato mai ?

E tu ci hai pensato mai a rotolarti nelle nuvole di bambagia cantate da Jannacci? Io sì. Quanto mi piacerebbe vivere nella bambagia, soltanto per un po’, s’intende.

bambagiaSe il vostro interlocutore si alza in piedi e vi incomincia a dire che è una follia, che lì sono dei selvaggi e che voi non resistereste un giorno in quel posto là, non alteratevi. Semplicemente non conosce il significato della parola bambagia. E allora mettete su il bollitore per preparare un thè nero e, mentre aspettate che l’acqua raggiunga la temperatura ideale, cominciate a parlare.

“Bambagia” è una sostantivo femminile antico che indicava la peluria bianca di cui è rivestito il seme del cotone. Questo termine è passato dal persiano pambak al greco, per poi arrivare fino al latino tardo medievale bambacia, che altro non è che il neutro plurale di Bambacium.

bambagiaOra mettete il thè nel bollitore e interrompete la narrazione, perché il vostro interlocutore nel sentire latino medievale potrebbe essere caduto dalla seggiola. E mentre glielo versate delicatamente nella tazza di porcellana della buon’anima della zia Elvira, continuate adagio adagio.

La parola indicava in epoca medievale il cotone di scarto, in epoca moderna poi questo cascame della filatura del cotone incominciò ad essere utilizzato in ambito medico per strofinare sulla pelle soluzioni liquide. Basterebbe chiedere a qualche anziano se ricorda l’odore della tintura di jodio imbevuta nella bambagia per disinfettare un ginocchio sbucciato. Nel dialetto milanese diventa bombàs, mentre in quello siciliano bambaci.

E allora perché lo chiamiamo “cotone”?

Dall’arabo qutun, ecco svelato l’arcano. Quindi quando parlavo di vivere nella bambagia – ditelo sorseggiando il thè nero – intendevo vivere con tutte le comodità e gli agi, senza dovermi preoccupare di nulla, non era mica un luogo selvaggio in cui non era ancora giunta la discutibile opera civilizzatrice occidentale. Capito?

Nel prossimo appuntamento andremo sul lungotevere ruffiano. Ma ora chiudete gli occhi e ascoltatevi Jannacci.

Scritto da Mariaelena Prinzi

Written by: Redazione

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