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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “La Marseillaise”
Il giorno in cui deve partire da Aosta, Kevalin si sveglia con tranquillità molto presto, forse anche troppo presto, visto che alle otto si sta godendo già l’aria fresca per le strade deserte della città. Un’ora dopo i negozi iniziano ad aprirsi e, poco tempo dopo, Kev colleziona le sue cose e sale in macchina. Direzione?
Ci sono due modi per arrivare al traforo, una, quella presa da Kev, è piana di gallerie più piccole, della lunghezza media di 3 chilometri. L’aria è fresca e frizzante e le persone in fila sono tante, ma alla fin fine ci si mette poco. Pagato il dazio, non c’è bisogno di controllare i documenti, mantiene la velocità di massimo 70 km/h e la distanza di 200 metri dal veicolo davanti al suo, come da istruzione. Se capitasse un incidente qui dentro, sarebbe un bel problema.
Non pensa, Kev, ai 16 chilometri di roccia che gravano sulla tua testa; meno di dieci minuti ed è dall’altra parte, in Francia. E la vista del Ghiacciaio del Monte Bianco merita il viaggio.
Dopo il Traforo, il viaggio continua, interminabile. Il paesaggio è strano per chi è abituato a quello italiano: è sempre, quasi, uguale. Boschi a perdita d’occhio, qualche paesino sparso molto lontano e molto raro e vigne a non finire. In continuazione. Pochissimi e rarissimi sono i castelli che si vedono dalla strada. Totalmente l’opposto dell’Italia, dove siamo abituati paesi di cui non si distingue la fine, montagne comparse dal nulla e castelli diroccati proprio sul ciglio dell’autostrada. Kev lo vede proprio che si trova in Francia.
Si ferma dopo due ore, in una località chiamata Annecy, la Venezia di Francia, o, per farla suonare meglio, francese. Vuole vedere perché. La risposta arriva presto: sorge su un lago ed ha un canale limpidissimo con ponti annessi.
Anche se, forse stanno esagerando a chiamarla così: dopotutto ha due canali, puliti e che invogliano a gettarcisi, e un’isoletta che emula l’Isola Tiberina di Roma ma molto più in piccolo. Dire che è una località turistica sarebbe minimizzare. Ogni portone ospita un ristorante, o un bar o un negozio con le classiche di chincaglierie turistiche. Persone ovunque ed il caldo, ovviamente, non è clemente. Kev parcheggia e decide di visitare il catello, che si trova veramente a due passi dalla macchina e che non ha nulla da invidiare a quelli italiani. -Forse troppe scale, ma questa è una croce che Kev, lo sente, si porterà dietro per l’intero viaggio-.
Poi mangia vicino al canale il suo primo piatto francese del viaggio –un omelette, perché più banali di così non si può essere-. Con tutta la calma del mondo si fa un giro nelle viuzze, cercando di sopravvivere alla miriade di gente che affolla le strade, e poi intraprende la scarpinata, con una pendenza non indifferente, per tornare alla macchina.
Ovviamente poco dopo un’ora, circa, da quando ha lasciato Annecy, inizia a piovere e Kevalin si ritrova in mezzo ad un Traffico con la T maiuscola. -grazie, Francia. Uno non si può nemmeno rilassare e fare un viaggio tranquillo? L’avevi per caso presa come una sfida personale?-. E, ovviamente, quel giorno ha un limite di tempo per arrivare a destinazione; entro le 20, massimo le 20.30. Guarda il tempo previsto per arrivare: 21.10 .
Perciò chiama l’Hotel, che ha, ovviamente, personale che parla solo ed esclusivamente francese. –geniale-. Non si sa per quale arcano allineamento degli astri, Kev riesce a farsi capire, ma il problema resta immutato. Kevalin deve correre e, per fortuna, riesce ad arrivare in tempo. Distrutto e per nulla intenzionato ad ascoltare le farneticazioni delle persone alla reception, si registra e sprofonda nel comodo letto della camera.
Written by: Aurora Vendittelli
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