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Ormai abbiamo girato così tanto per lo stivale che non mi ricordo più dove siamo ci siamo lasciati. –o forse sì, ma non ve lo voglio dire.- fatto sta che ci spostiamo di nuovo per arrivare al Castello di Montebello di Torriana, in Emilia Romagna. Forse l’avrete già sentito, visto che è uno dei castelli infestati più famosi d’Italia… –Sanno come sfruttare i fantasmi per il marketing.-
La zone su cui sorge il Castello di Montebello ha radici molto antiche, fino a raggiungere i tempi preromani, quando era abitata dai celti, ma la prima muratura risale, senza ombra di dubbio, al III secolo. Ovviamente vennero fatte altre strutture successive, come quella medievale da cui deriva il nome del castello: Mons Belli, Monte della Guerra. Ed è sempre a questa costruzione che risale il primo documento sul castello, perché il 24 settembre 1186 venne venduto a Giovanni Malatesta –facciamo attenzione a non confonderli con i Malavoglia, che sono tutt’altar cosa-.
I nuovi proprietari rinnovarono il castello, perché erano troppo vicini ai Montefeltro, una famiglia rivale. –C’era una passione per i cognomi con la M da quelle parti.– E, infatti, verso l’inizio del 1400 questi ultimi riuscirono conquistare la fortezza; ed iniziò una serie di espugnazioni e controespugnazioni -sì, so che la parola non esiste. Ma da adesso esiste, perché altrimenti il concetto non viene reso al meglio.- che durarono finché nelle lotte non si inserì l’esercito pontificio e, visto che tra i due litiganti il terzo gode, nel 1464 il Castello di Montebello passò in mano ai Conti Guidi di Bagno. Straordinariamente l’edificio è ancora di proprietà di questa famiglia, che lo modificò nel corso dei secoli per adattarlo prima a dimora nobiliare nel Cinquecento, e che lo poi lo restaurò tra il ’68 e il ’73 per ripararla dai danni subiti dalla Seconda Guerra Mondiale.
Ad un certo punto nella lunga storia del castello, vi visse un tizio di nome Uguccione, che aveva una figlia, Guendalina. Tralasciamo la cattiveria di chiamare la propria figlia con quel nome e concentriamoci sulla cosa importante: era albina. Ma, visto che erano ancora nel medioevo –ed io non ero ancora in circolazione a dire “Che belli i tuoi capelli! Adesso me li tingo uguali.”– le persone temevano il diverso e, per salvare la figlia da possibili persecuzioni, i genitori le tinsero i capelli. Il problema è che i capelli non trattenevano i pigmenti molto a lungo, lasciando un colore azzurrino che poi divenne il suo soprannome. –Perché avere i capelli blu è più normali di averli bianchi. La genetica lo afferma senza esitazione.-
Un giorno di giugno, il 21 per la precisione, Azzurrina stava giocando con una palla, quando questa andò a finire nella ghiacciaia del castello –il frigorifero ante litteram che solo i nobili potevano permettersi.- e, visto che non era poi così pericoloso, le sue guardie decisero di permetterle di andare a recuperare il gioco. Dopo poco si sentì un urlo, ma quando entrarono a controllare, di Azzurrina, non c’erano tracce.
Ogni 21 giugno al Castello di si tiene un evento, in occasione della morte di Azzurrina, perché proprio quel giorno la sua presenza si fa più forte e si può sentire la sua voce. E questa cosa, ovviamente, attira tantissimi turisti sia per la visita diurna e normale del Castello, sia per quella notturna che comprende anche una caccia al fantasma. Peccato che non ci sono prove che una bambina albina –avvenimento singolare di per sè.- non ci sono tracce e anche il resto che contorna l’esistenza della leggenda è abbastanza fumoso e c’è un video abbastanza esaustivo -e denigratorio- che li spiega.
E, infatti, andando a controllare gli studi fatti dal CICAP, Il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze, nel momento più ideale secondo la leggenda, non si è ascoltato altro che il silenzio più assoluto. Però, chi sono io per dirvi “non credeteci!” e poi, è comunque un’avventura interessante e divertente da fare -soprattutto se non dite alle persone che vi accompagnano questa piccola parte di verità-.
Written by: Aurora Vendittelli
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