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Neri Oxman è una delle figure più influenti nel mondo dell’architettura contemporanea, grazie alla sua invenzione, la material ecology.
La coinquilinanza più faticosa della storia è quella tra uomo e natura. In fondo, non è questa la base del cambiamento climatico? Ci affatica l’idea di dover andare incontro alle esigenze dell’altro e spesso ci curiamo solo del nostro interesse. Eppure, se imparassimo a fare la pace, a non servirci della terra come sola riserva di materiali da rubare e assemblare, potrebbe uscirne qualcosa di meraviglioso.
Ed è da questo concetto che si fonda la nuova disciplina firmata Neri Oxman chiamata “material ecology”. Se prima era la natura ad ispirare il design, ora è il design ad essere organizzato dalla natura. Come? Coniugando ingegneria e biologia, architettura.
“La natura è una costruttrice e ingegnera brillante” – Neri Oxman
Neri Oxman compare tra le dieci donne più influenti nel mondo dell’architettura del 2018, stilata da AD100. Oggi collabora con il MIT Media Lab di Boston dove con il suo team, Mediated Matter, ricerca nuovi modi per fare ingegneria, creando delle vere e proprie opere d’arte.
I materiali sono come degli essere viventi che si fanno crescere in laboratorio e si accompagnano lungo il processo attraverso una pianificazione organizzata. Spieghiamoci meglio: la filosofia di Neri Oxman parte dal presuposto che bisogna superare i metodi di assemblaggio e incastro tipici della produzione industriale, perché nocivi per l’uomo e per l’ambiente. Perché piuttosto non farsi dare una mano dalla natura? Così si potrebbero sviluppare materiali in grado di autoprodursi, crescere e rigenerarsi, proprio come un corpo umano!
Lo scopo della ricerca, allora, sarà non solo ridurre i consumi energetici e l’inquinamento, ma anche scoprire un nuovo modo di intendere il design, teso sempre più verso il mondo dell’animato e intelligente. L’asso nella manica? La chitina, un biopolimero sostituto della plastica nonché uno dei materiali più abbondanti sulla terra. È prodotto da organismi quali gamberi, farfalle e granchi.
Armata di grandi unità di calcolo e stampanti 3D, Neri Oxman produce opere d’arte che si riversano sia in ambito architettonico che ingegneristico; ma perchè no, anche nella moda, prendendo l’esempio della collaborazione con stilista Iris Van Herpen nella linea di haute couture Voltage.
Tra le opere viventi più famose ricordiamo Silk Pavilion, una cupola creata con l’aiuto di centinaia di bachi da seta attorno a un filo di nylon, sviluppata impiegando robot e tecnologie digitali. Troviamo Neri Oxman anche nel mondo del design degli interni con la sedia fonoassorbente Gemini, costruita dalla combinazione meccanica di 44 materiali diversi. Una sedia che cambia colore e forma in risposta alle condizioni ambientali in cui si trova.
In conclusione, ecco Aguahoja, l’opera che meglio di tutte incarna il concetto di Material Ecology. Per la realizzazione, Neri Oxman simula la forma di una foglia e impiega materiali ecocompatibili e rinnovabili in natura. Utilizza la chitina, la pectina, la cellulosa e il carbonato di calcio, tutti stampati in 3D. Al termine del suo ciclo di vita, l’opera potrà essere sciolta in acqua senza aver alcun impatto in natura, rilasciando, anzi, nutrienti per la terra.
Insomma, una grande rivoluzione scientifica e artistica che potrebbe senz’altro mettere fine a questa lunga litigata tra l’uomo e la terra. Chissà, magari torneremo ad essere buoni coinquilini.
Written by: Laura Cervelli
Arte contemporanea design Ecologia neri oxman officina dell'arte
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