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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Requiem: La Lacrimosa” – Wolfgang Amadeus Mozart
La storia di questo articolo nasce da una semplice ora di storia dell’arte come tante: gli uccellini cinguettano fuori alla Tavani Arquati, le macchinette del caffè si mangiano i soldi e la mia prof sta spiegando Pablo Picasso. Ma se da quella lezione è nato tutto ciò che state per leggere, forse non la si può definire tranquilla ora di storia dell’arte.
Se non avete ancora raggiunto questo grado di conoscenza – ovvero non state ancora affrontando il quinto – sappiate che tra le perle di saggezza di Pablo spiccano:
“A tredici anni dipingevo come Raffaello. Ci ho messo tutta una vita per imparare a dipingere come un bambino.”
“I bravi artisti copiano, i grandi artisti rubano.”
-Pablo Picasso
È un artista del primo ‘900 e, per di più, facente parte del gruppetto di amici noto come cubisti. Quindi, se state pensando che qualche rotella non ce l’aveva nel posto giusto, state tranquilli, perché è proprio così. Nonostante questo è un mostro, la sua arte non ha avuto e non ha eguali, indipendentemente dalle figure un po’ spigolose. Ma, per terminare questa breve introduzione, che se dovesse essere letta dalla mia prof mi porterebbe a fare storia dell’arte in modalità molto difficile, spieghiamo le due perle di saggezza. Er Pablo non era come gli altri, era il Mozart dell’arte e non scherzava quando diceva che Raffaello gli allacciava le scarpe a soli tredici anni.
Ma lui non è Raffaello, quindi, per raggiungere una forma artistica più “pura” e libera da regole accademiche, insegue l’idea dei disegni fatti dai bambini, che ancora non sono stati infettati da “proporzioni” e “profondità”. La seconda perla invece ve la spiegherò con l’argomento del giorno: la Guernica.
Tra le varie opere di Pablito, la più famosa e gettonata durante l’orale è proprio la Guernica, un quadro che volendo potreste mettere sopra al vostro caminetto, se questo fosse largo sette metri. – Una cosa sobria. – Il tema trattato però non è dei più rosei: durante la guerra civile spagnola, il governo franchista si allea con le forze nazifasciste e bombarda, in pieno giorno, la piccola cittadina di Guernica, compiendo una carneficina che sconvolge tutto il mondo, Picasso compreso.
E Pabblo, che le emozioni le metteva su tela, si è dato da fare per dipingere un quadro colossale, in memoria dell’evento, chiamato proprio Guernica. Enorme, pieno zeppo di allegorie ed al contempo diretto come un dritto di Chuck Norris: rappresenta un massacro, dove non c’è spazio per i colori che hanno sempre accompagnato l’artista nel corso della sua carriera, ma solo freddi toni bianchi e neri.
Ma Paoletto fa anche un grande lavoro di citazionis… Scusate, di furto artistico: la donna che piange il figlio morto non è altro che una delle mille Pietà – vabbè dai, quella di Michelangelo, chi vogliamo prendere in giro -; l’uomo che scappa dalla casa in fiamme è stato paragonato alla donna in primo piano nell’Incendio di Borgo, affresco proprio di Raffaello; ed infine il soldato morto potrebbe essere uno dei tanti corpi senza vita apparsi nelle Fucilazioni del 3 Maggio, di Goya, o l’accecato San Paolo di Caravaggio. Poi sono infiniti i vari significati nascosti ed allegorie presenti nel quadro: il Toro è la furia della guerra, la lampada è la luce dell’Illuminismo ed il fiore che stringe il soldato morto è la speranza. Se dovessi elencarli tutti però passerei il mio diciottesimo scrivendo questo articolo, quindi mi limiterò ad aprirvi gli occhi con una sassata.
Che ci fa una papera nella Guernica?
No, non ve lo sto chiedendo perché né voi, né io, né il resto del mondo siamo a conoscenza della risposta.
Eppure è lì, tra il toro e il cavallo, mentre starnazza sopra a quello che sembra un tavolo o un tetto. Disperata? Ignara di tutto? Carnefice dei carnefici? Non si sa, ed è la sua assenza di significato a disturbarmi. Tutto, nel quadro, ha senso, anche il tratto che sembra essere più sbadato, tranne questo dannato volatile. Persino il mondo dell’internet, in questo caso, mi ha tradito, facendo finta che in quello spazio non ci sia nulla. Vale la pena provarci: a mio onesto e soprattutto modesto parere è un riferimento alle “Oche del Campidoglio” la versione di latino che avete sicuramente fatto, durante il biennio. Non ci sono però prove a favore di nessuna tesi, quindi, come detto, rimane un mistero, che potrete tirare fuori al momento giusto per dimostrare quanto siete attenti e minuziosi nella ricerca dei dettagli. – Mandando infine in crisi il vostro professore. –
Certo Pica’ ti potevi inventare qualcosa.
Scritto da: Alessandro Vitrano
Written by: Aurora Vendittelli
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