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Da pagina 47 a pagina 49, il mio libro di storia dell’arte smette di essere un libro di storia dell’arte e diventa altro, qualcosa di ancora non ben identificato. Tutto ciò nasce da una delle mie tante sessioni di procrastinazione, nella quale, sfogliando in modo passivo le pagine, mi sono ritrovato sotto gli occhi, un quadro che ha svegliato la mia attività neuronale. Quindi, questo articolo sarà la dimostrazione che annoiarsi serve, e che nei libri, tutto sommato, qualcosa di interessante c’è sempre, tipo Egon Schiele.
Il quadro in questione è questo:
E sì, sono due amanti che si sbaciucchiano e che, probabilmente, ci stanno dando dentro – in tutti i sensi -. Ovviamente un’immagine del genere, grande metà pagina, avrebbe incuriosito chiunque, anche con un semplice “ehi tu che ci fai qui, non me l’aspettavo”. IL quadro, Coppia di amanti II o, chiamato in modo più carino, Abbraccio, non è troppo lontano dalla descrizione che ho dato nelle prime righe. L’artista – di cui poi parleremo perché diventerà il vostro migliore amico – ha voluto rappresentare un uomo e una donna che, distesi su una tovaglia da pic nic, si scambiano un reciproco gesto di amore. Togliendo l’evidente – e spigolosa – nudità dei due protagonisti, si stanno abbracciando. Semplicemente abbracciando. Eppure sarà il loro essere soli, sarà che sono nudi o sarà che sono un inguaribile romantico – dei più sdolcinati e della peggior specie – è innegabile dire che c’è qualcosa di speciale.
“Una sorta di scomposto campo di battaglia, nel quale i due personaggi, serrati in un abbraccio che forse vorrebbero infinito, riconoscono di essere nudi e soli di fronte al mondo, e di non aver altro rifugio possibile se non l’una nell’altro.”
-Il mio libro di storia dell’arte
E se persino il libro usa queste parole…
L’autore dell’opera è Egon Schiele, un pischelletto. Il povero Egon infatti nasce nel 1890 e muore nel 1918, tramite le mie competenze da quinto scientifico mi è possibile affermare che è morto a malapena ventottenne – tra l’altro insieme alla sua amata -. L’opera è datata 1917, quindi nel pieno della guerra a cui lui era scampato, e che ha influenzato notevolmente tutti i suoi quadri.
Due paroline sul suo stile vanno dette, e non ci vuole un genio per capire che non si rifaceva direttamente alla realtà, ma preferiva creare queste figure nodose e con la muscolatura in risalto perchè… Boh, onestamente la spiegazione è che fu un espressionista viennese e definì Klimt – quello che stava fino a poco tempo fa a Palazzo Fendi – suo “padre spirituale”. In tutti i suoi quadri però, c’è amore insieme a solitudine come se, alla fine, fosse tutto semplice apparenza, o una stupida invenzione dell’uomo.
Per quanto lo si possa guardare pensando “che ha che non va il tuo braccio“, Schiele aveva la nostra età quando ha iniziato a dipingere. A soli sedici anni si era già chiuso nell’Accademia delle Belle Arti e, probabilmente, stava facendo qualcosa che adorava profondamente, trovandosi uno spazio dove sfogare e fotografare le sue emozioni: la pittura. Per quanto non lo si studi, per quanto sia relegato tra pagina 47 e 49, e per quanto non abbia influenzato nessuno, ad Egon Schiele non importerebbe nulla. Continuerebbe a dipingere coppie di teneri amanti.
Written by: Alessandro Vitrano
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