Lana Del Rey è nostalgia pura e la nostalgia si sa, é un carosello di emozioni, di immagini, di riscoperte, che si intrecciando dando vinta a un passato perduto.
Dalle atmosfere rarefatte delle canzoni, ai video che le accompagnano, ai look da femme fatale , Lana é immersa in una nostalgia fatta di liquidità.
La stessa liquidità in cui l’ascoltatore si lascia trasportare placidamente e mentre il mare si colora delle tinte aranciate e rosee del tramonto, ecco che affiorano i ricordi, quelli di una vita mai vissuta, che divorano l’anima lentamente come la risacca delle onde erode la spiaggia.
Tuttavia nel nuovo album, Norman Fucking Rockwell, Lana Del Rey si lascia alle spalle l’America che aveva raccontato fino a questo momento, tra , droga, lolite, ragazze innamorate di cattivi ragazzi, relazioni volte ad amari finali.
Nell’album c’é consapevolezza che ,nella rarefazione delle melodie soavi, si nasconda la verità di un’ America che va altre all’immagine del mito. La decadenza é la risposta al sogno americano, dietro cui si celano menzogne e falsi miti.
Il titolo dell’album, a detta della cantante “inatteso”, evoca il pittore Norman Rockwell e il suo realismo romantico nel raccontare la società americana.
Così fa Lana Del Rey raccontando il mito svanito in Venice Bitch:
Oh God, miss you on my lips
It’s me, your little Venice bitch
On the stoop with the neighborhood kids
Callin’ out, bang bang, kiss kiss
You’re in the yard, I light the fire
And as the summer fades away
Nothing gold can stay
You write, I tour, we make it work
You’re beautiful and I’m insane
We’re American-made
Le altre tracce (tra quelle più significative citiamo Hope Is A Dangerous Thing For A Woman Like Me To Have – But I Have It con i riferimenti a Sylvia Plath, Doin’ Time, cover dei Sublime, The Greatest e gli incendi in California) continuano con l’affresco del paese delle stelle e strisce da ascoltare sulla scia di un tramonto di un caldo Settembre e la nostalgia di un’estate che sta finendo.
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