Il 24 settembre 1991 usciva Nevermind, secondo album dei Nirvana, che non solo aprì alla band le porte del successo, ma la incoronò portavoce di una generazione stufa dell’inedia culturale con cui veniva etichettata.
Proprio Smells like teen spirt, rivelò Cobain, riguardava l’apatia della sua generazione, perché era la stessa apatia, l’assenza della volontà di combattere per qualcosa, in cui lui era intrappolato.
Alzare la voce e compiere la rivoluzione fu quello che i Nirvana riuscirono a portare. Prima di tutto la rivoluzione fu musicale; prese piede una nuova corrente, il Grunge, che si riversò anche nell’abbigliamento, riuscí a dare voce a quei ragazzi degli anni ‘90 che dopo tutto non erano pecore, in un gregge uniforme e senza idee. Infatti la vera rivoluzione fu sociale: quello che serviva era un mito che cantasse l’immobilismo spirituale in cui i giovani rischiavano di rimanere imprigionati.
Ed ecco i Nirvana scalare lentamente le classifiche con Nevermind. Fu così che con l’album si chiuse un’era e se ne aprì un’altra, all’insegna della provocazione che passava non solo per le loro canzoni.
Anche la copertina dell’album contribuì all’aspetto rivelatorio della produzione del gruppo: il neonato immerso in una piscina e il dollaro che fluttua vicino ai suoi occhi, attacco alla società che invece di seguire i propri sogni, continua a inseguire il denaro.
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