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Musica

Musica da indossare: non dimenticare il cappello!

today8 Aprile 2023

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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Alice” – Francesco De Gregori

Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta dell’abbigliamento raccontato nella musica. Il capo tanto indossato, quanto cantato, di cui parleremo oggi è il cappello!

cappelloNel corso degli anni tanti artisti hanno usato i cappelli per le loro performance, come cifra stilistica, figure retoriche e molto altro! Vediamo insieme alcuni brani che hanno fatto del cappello il protagonista indiscusso del pezzo, o metafora che arricchisce il testo.

 Wear my hat – Phil Collins

Wear My Hat è un singolo del cantante britannico Phil Collins, pubblicato nel 1997. Il brano racconta in modo ironico le pressioni derivate dalla fama e il modo in cui alcuni fan si approcciano in modo invadente nei confronti delle loro star preferite.

Entriamo nel testo

“So she looked me up and down and undressed me with her eyes, then she said ‘You’ve got everything I need, you’ve got everything I want’, so I said OK, you can wear my hat, you can have my coat, you can take my shirt ‘cos I don’t need it. You can wear my shoes, you can take my socks, come on take my bag it’s yours. If you love it, you can have it if you love it. 

Quindi mi ha guardato dall’alto in basso e mi ha spogliato con gli occhi, poi ha detto “Hai tutto ciò di cui ho bisogno, hai tutto ciò che voglio”, quindi ho detto OK puoi indossare il mio cappello, puoi avere il mio cappotto, puoi prendere la mia camicia perché non mis erve. Puoi indossare le mie scarpe, puoi prendere le mie calze, dai prendi la mia borsa, è tua. Se lo ami, puoi averlo se lo ami”.

Shoes n’ Hats – Smash Mouth

Shoes n’ Hats è un brano del gruppo rock Smash Mouth, fondato nel 1994 a San Jose, California. Il loro stile è influenzato dal rock’n’roll americano degli anni ’50 e ’60, dal surf rock e dallo ska. Nel 2001 pubblicano il terzo disco Smash Mouth nel quale è contenuto proprio il brano Shoes n’ Hats – scarpe e cappelli – di cui possiamo dire che si tratta di un inno all’essere unici e se stessi, senza ascoltare il giudizio degli altri.

“So everyone cares ’cause the hat that he wears is on the wrong way and I heard them say “Don’t be square”, So square we’ll stay. / Quindi a tutti importa perché il cappello che indossa è dalla parte sbagliata e li ho sentiti dire “Non essere quadrato”, quindi resteremo quadrati”.


You Can Leave Your Hat On – Joe Cocker

Chi non ha mai improvvisato un finto spogliarello ascoltando questa canzone?

You Can Leave Your Hat On è un brano scritto da Randy Newman, tratto dal quarto album del cantautore statunitense, Sail Away, del 1972. Ma la versione che conosciamo tutti è quella di Joe Cocker, che la reinterpretò nel 1986 e la rese celebre in tutto il mondo. Nello stesso anno fu inserita nella colonna sonora del film 9 settimane e ½. Qui il brano viene usato nella famosa scena in cui Kim Basinger si spoglia davanti ad una tendina per Mickey Rourke. Da allora è divenuta la canzone per antonomasia degli spogliarelli e “tipico sexy brano” da strip tease.

Infatti, nel testo il protagonista invita la partner a spogliarsi di tutti gli abiti, consentendole, ironicamente, di tenere solo il cappello.

“I’ll take off your shoes. Baby, take off your dress. Yes, yes, yes. You can leave your hat on. / Ti tolgo le scarpe. Tesoro, togliti il vestito. Si si si. Puoi tenere il cappello”.

La canzone di Marinella – Fabrizio De Andrè

La canzone di Marinella è un brano del cantautore Fabrizio De André, pubblicato sul singolo Valzer per un amore/La canzone di Marinella del 1964.

Marinella era una prostituta, il cui corpo era stato trovato senza vita lungo le sponde di un fiume. La canzone fu ispirata da un fatto di cronaca relativo ad una vicenda realmente accaduta ad una certa Maria, uccisa e gettata nel fiume Olona. Il testo è semplice e racconta con straordinaria abilità poetica la favola della protagonista, una ragazza che dopo aver trovato l’amore, va incontro alla morte in circostanze misteriose. L’uomo che dovrebbe amarla si presenta alla sua porta con un cappello bianco quasi ad indicare “purezza” e “fiducia”, ma sarà proprio lui ad ucciderla.

“Sola senza il ricordo di un dolore vivevi senza il sogno di un amore. Ma un re senza corona e senza scorta bussò tre volte un giorno alla sua porta. Bianco come la luna il suo cappello, come l’amore rosso il suo mantello. Tu lo seguisti senza una ragione, come un ragazzo segue un aquilone”.

Centro di gravità permanente – Franco Battiato

Centro di gravità permanente è un brano di Franco Battiato, contenuto nell’album La voce del padrone del 1981. La canzone fa riferimento al senso di smarrimento provato da Battiato. Il “centro di gravità” evocato nel titolo è il luogo dell’intimità dove il cantautore spera di trovare stabilità, ed essere un semplice osservatore. Un centro di gravità che aiuta a orientarsi nel caos della quotidianità, così da permetterci di osservare il mondo con lucidità e distacco.

Nel brano vengono descritte situazioni surreali. È denso di citazioni letterarie, in un susseguirsi di immagini e incontri con vari personaggi, tra cui

“una vecchia bretone con un cappello e un ombrello di carta di riso e canna di bambù”.

Visiera a becco – Sfera Ebbasta

Sfera Ebbasta è il primo album in studio del rapper italiano omonimo, pubblicato nel 2016. Il disco si allontana dalle tematiche più street affrontate in precedenza, in favore di argomenti più ampi, mantenendo sempre le sonorità trap degli esordi.

La volontà di Sfera è quella di mostrare la storia dei bravi ragazzi nei brutti quartieri, raccontando la vita crudele della periferia, sobborghi cittadini dove regna apparentemente solo la legge del più forte.

In Visiera a becco è evidente sin dalla prima strofa lo sconforto che si prova a vivere in quelle zone. È la seconda strofa che però colpisce in tutta la sua crudezza: il quartiere è “la casa che ci manca se si parte / quella che ci uccide se si resta”, e l’unico rifugio, quando si è in strada rimangono solo le proprie forze, usando un cappello come protezione.

“Visiere a becco ci proteggon dalla tempesta / quella che abbiamo dentro, invece, dentro resta”.

Attenti al lupo – Lucio Dalla

Attenti al lupo è un brano scritto da Ron e cantato da Lucio Dalla nel 1990.

Dietro l’apparente leggerezza di questa canzone, si cela un significato profondo, che ha a che fare con la crescita, l’amore, la morte e l’angoscia della separazione.

Il brano si struttura come un racconto fiabesco e ripropone il tema del lupo cattivo, personificazione dei pericoli che la protagonista – una donnina piccola così – rischia di incontrare nella sua strada attraverso il bosco. La protagonista cerca di tranquillizzare il suo amato sul fatto che non le accadrà nulla di brutto, malgrado sia costretta ad attraversarlo ogni giorno.

Fiaba e metafore

Il bosco rappresenta la vita, nel suo essere complicata e talvolta intricata. Ma come in ogni fiaba che si rispetti c’è un un oggetto da proteggere o portare in salvo: in questo caso si tratta di un sogno ed è custodito in un cappello piccolo così.

“C’è una casetta piccola così, con tante finestrelle colorate. E una donnina piccola così, con due occhi grandi per guardare. E c’è un omino piccolo così che torna sempre tardi da lavorare. E ha un cappello piccolo così, con dentro un sogno da realizzare. E più ci pensa più non sa aspettare. Amore mio non devi stare in pena, questa vita è una catena”.

L’uomo col cappello – J-Ax

L’uomo col cappello è un singolo estratto dal disco di J-Ax Il bello d’esser brutti, pubblicato nel 2015. L’album ha un alto contenuto autobiografico ed il cantante racconta diversi aspetti della sua vita. In questo brano, J-Ax si erge a portavoce degli “sfortunati”, di tutti quelli che magari si sforzano di sembrare quello che non sono perché si fanno convincere dagli altri di non essere abbastanza.

L’uomo col cappello rappresenta sè stesso in quanto, negli ultimi anni, J-Ax si mostra quasi sempre indossando un cappello. Inoltre, il brano parla della libertà di scegliere come vestirsi e come presentarsi agli altri, senza essere derisi o discriminati.

“L’Uomo col cappello se ne fregherà che il cielo sia bello o se pioverà e ha le bretelle perchè non gli piace portare le braghe calate a metà. L’Uomo col cappello col caldo che fa davanti alle guardie e al tempo che va per farti irritare la gente normale che dirà “Non ti vergogni alla tua età?”.

Alice – Francesco De Gregori

Alice è uno dei brani più celebri di Francesco De Gregori, contenuto nell’album Alice non lo sa del 1973.

Alice non racconta una sola storia, ma tante e diverse per ogni strofa, slegate tra loro ma tutte connesse da una linea comune: Alice non lo sa. La ragazza osserva tutti quelli che le ruotano intorno, ma in realtà rimane sempre estranea alle vicende degli altri personaggi. Nella terza strofa si parla di un mendicante arabo gravemente ammalato che non ha né soldi né un posto per dormire. Il cappello viene indossato dal mendicante a cui è stato diagnosticato un cancro, probabilmente alla testa, e lo nasconde dietro il cappello. Evidentemente ha accettato questa triste realtà, a tal punto che ci scherza su, considerandolo come un portafortuna.

Entriamo nel testo

In origine, il verso “il mendicante arabo ha qualcosa nel cappello” era scritto “il mendicante arabo ha un cancro nel cappello”, ma venne censurato poiché le persone non avrebbero voluto sentir parlare di cancro in modo così diretto. De Gregori ha sempre cantato la versione originale nelle sue esibizioni.

Il mendicante arabo ha qualcosa nel cappello, ma è convinto che sia un portafortuna. Non ti chiede mai pane o carità e un posto per dormire non ce l’ha. Ma tutto questo Alice non lo sa”.

Questi erano alcuni dei brani che fanno del cappello un espediente per raccontare una storia e darci emozioni. Restate connessi per scoprire di quali capi di abbigliamento parleremo prossimamente.

Written by: Redazione

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