Quale faccia vi verrebbe più istintivo fare se qualcuno vi dicesse che un ragazzo di appena 18 anni possiede a pochi passi da Erevan, capitale dell’Armenia, un impianto in grado di gestire in 4 mesi 8 tonnellate di rifiuti?
Non serve che rispondiate.
Il motivo – più che giustificato – del vostro scetticismo è esattamente una delle principali motivazioni che hanno spinto questo prodigioso ragazzo, che oggi ha vent’anni, a dimostrare che esiste ancora, da qualche parte nel mondo, qualcuno di lungimirante, preoccupato per tematiche serie come l’inquinamento incontrollato e così determinato da superare qualsiasi barriera pur di fare concretamente qualcosa per cambiare la realtà.
Conosciamo meglio Michail Zamskoj, studente dell’United World College, di cui Nelson Mandela in persona fu Presidente onorario, ed il sentiero da lui percorso nell’ultima manciata di anni: la chiave di svolta nello sviluppo del giovane è rappresentata sicuramente dal college appena menzionato, un luogo in cui i voti hanno importanza relativa, perché il vero risultato di ciascuno studente si valuta in funzione dell’apertura mentale e dal desiderio di cambiare il mondo.
Evento-chiave nell’iniziativa di Michail è stato uno dei consueti progetti di inizio anno, due settimane di “Educazione attraverso l’esperienza” in cui gli studenti hanno scelto una problematica a cui dedicarsi, si sono suddivisi in gruppo, si sono informati e si sono mobilitati per cercare di risolverlo.
Tra quei ragazzi vi era anche Michail ed il suo amico Sedrik: i due, rimasti molto colpiti dalla quantità di immondizia che imperversa lungo le vie di tutto il Paese, hanno in poco tempo dato vita alla raccolta fondi Re-apaga (contrazione di ‘riciclo’ e ‘futuro’). All’epoca diciannovenne, così descriveva le sue finalità lo studente protagonista di questo articolo:
Insegniamo a usare le risorse oggi, in modo che bastino non solo per la generazione attuale, ma anche per il futuro. I più dannosi sono i rifiuti elettronici, perché contengono sostanze chimiche nocive. Rame, oro, argento, ferro, acciaio, plastica…in tutto ci sono 33 materiali diversi in cui possiamo scomporre un dispositivo.
A trasformare in azione concreta l’intenzione teorica, è stato l’utilizzo di parte di una vecchia fabbrica sovietica a Dilijan, una superficie di oltre 40mila m2.
Una volta stretto un accordo con gli attuali proprietari ed ottenuto il loro sostegno, attraverso una cospicua donazione e la concessione di utilizzare parte di quegli spazi, l’attività è stata avviata, ed oggi conta 12 persone che vi lavorano ed altre 8 come parte del consiglio.
La ricerca di finanziamenti non trova fine, ma la piccola impresa sta riscuotendo sempre più successo e partecipazione, anche attraverso mosse intelligenti, quali l’incentivo alla raccolta dei rifiuti da parte dei cittadini stessi, i cui sforzi vengono ricompensati con piccole somme in denaro.
Da un ideale a realtà: questo il percorso, l’insegnamento di un ragazzo come tanti.
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