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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “Funky Broadway” – Dyke & the Blazers
Il Funk è, ormai, visto come uno dei generi meno ascoltati dalla nostra generazione, almeno in Italia. Per questo sono qui a fare l’avvocato del diavolo rivendicando questo stile e tutti i suoi derivati, perché, nonostante abbia passato il suo picco di popolarità da mezzo secolo, vale ancora la pena di ascoltarlo.
Comunque siamo chiari: qui non si parla solo di ricordare un vecchio genere, ma di avere vera e propria cultura base, visto che ho conosciuto persone che lo scambiavano addirittura con il Lo-Fi. Certo, questo era davvero un caso estremo, ma vorrei cercare di evitare altre gaf di questo tipo.
Non tutti conoscono il vero significato della parola “Funky” e persino la Treccani lo definisce solo come:
“Uno stile jazzistico fondato su ritmi fortemente accentati e sulle strutture armoniche del blues” -Voce della Treccani
Certo, non è una definizione sbagliata, ma manca di un particolare: la parola “Funky”, nello slang nero, definisce specificamente l’odore prodotto dai corpi durante l’atto sessuale, quindi, grazie alla proprietà di transitività, anche il genere Funky è descritto come attraente, sexy e libero. La prima volta dove questa parola è comparsa in una canzone è stato grazie ai Dyke & the Blazers con la loro canzone rock “Funky Broadway”, prima dell’uscita di questo singolo il genere serviva solamente da addizione a ritmi jazz e blues, quindi non c’era una vera e propria distinzione. Nonostante la popolarità di questa canzone, il vero creatore del genere funky è James Brown che, ispirandosi al suo sassofonista, creò una base soul, caratterizzata, però, da percussioni marcate e monocorde, dando vita a un nuovo stile musicale.
Superando James Brown arrivò George Clinton, -no, non il l’ex-vicepresidente degli Stati Uniti, anche se sarebbe stato divertente- che si impegnò nell’ espandere il funk, cambiandolo e aggiungendo caratteristiche, per farlo dividere in tutti i sottogeneri che conosciamo ora, come il p-funk, l’acid jazz e lo psych-rock. Si concentrò soprattutto sull’ultimo con la sua band, i Funkadelic, ma il collettivo musicale non si fermò solo a quello ed, infatti, si specificò anche in altri generi abbastanza simili, come il disco-funk.
Non servivano certo queste modifiche per far arrivare il genere in tutto il mondo: la massima popolarità l’ha raggiunta durante gli anni settanta, arrivando anche l’Italia e formando artisti come Pino Presti”, ma anche personaggi più grandi come Alessio Bertallot e Bobby Soul. A questo punto, penso si possa dire che il funk era stato creato solo per dare un piccolo plot twist a generi già esistenti e famosi, ma è piaciuto così tanto che non si è potuta fermare la sua espansione. Tutt’ora molti artisti, anche italiani, lo suonano durante le jam sessions o concerti veri e propri. Insomma, non si può nemmeno lontanamente dire che sia un genere morto.
Scritto da: Morgana Stefanutti
Written by: Aurora Vendittelli
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