Il 29 ottobre 1971 viene pubblicato negli Stati Uniti Meddle, il sesto album dei Pink Floyd.
Al ritorno dal tour per Atom Heart Mother i Pink Floyd sono frastornati dal cambio di rotta e privi di un’idea centrale per il nuovo album, ma sempre pronti alla sperimentazione, spinti anche dalla richieste della casa discografica.
In principio erano 24 tracce raggruppate sotto il titolo Nothing, Parts 1-24, poi il lavoro definitivo: 6 tracce di cui la strumentale One of These Days e la suite Echoes sono le colonne portanti.
Tuttavia Waters dice:
Credo che abbiamo subito troppe pressioni esterne, il manager e la Capitol in America, che volevano un prodotto, e noi abbiamo ceduto. Credo sia stato un errore e le cose sono un pò deboli per questo motivo, ma d’altra parte sarebbe stato un errore di cercare disperatamente la perfezione, è una battaglia persa, alla fine non fai niente.
Realizzato in otto mesi tra Abbey Road, l’Associated Independent Recording e la Morgan di West Hampstead sulla scia della struttura di Atom Heart mother, Meddle si muove alla riscoperta della psichedelia, trionfo della quiete che come pioggia su uno specchio d’acqua forma cerchi concentrici, così come si espande il suono nella testa dell’ascoltatore, immerso in un vero e proprio trip subacqueo.
Semplice anche la linea della foto per la copertina, realizzata da Bob Dowling, che ritirae in primo piano orecchio immerso nell’acqua verde azzurra.
Nel Regno Unito l’album approda al terzo posto, mentre negli States arriva soltanto alla 70esima posizione.
Il mondo musicale si approcciava lentamente allo slancio onirico e di Meddle poi che sarebbe approdato in Dark side of the moon, elevazione definitiva, simbolo assoluto dei Pink Floyd nel panorama socio-culturale.
Era l’inizio dei live in cui la band dava prova della formidabile gestione del suono e dei molteplici effetti che avrebbero sbalordito i fan.
But the best had yet to come: l’approdo dei Pink Floyd sulla luna non era ancora avvenuto, ma all’orizzonte si percepivano i nuclei dell’intuizioni che ne avrebbero fatto gli dei della musica lisergica.
Lo spaesamento mai casuale, ordito dalla band, è l’effetto dell’impatto con l’acqua, la sensazione iniziale di freddo, poi il tepore del corpo che si abitua, ma che avanzando a nuoto percepisce sempre più l’algida sensazione impadronirsi della mente. Poi di repente l’alzarsi del livello dell’acqua, i piedi che non toccano più il fondo, la paura che stringe anche il nuotatore più esperto in balia del vuoto sotto i piedi.
Ma ecco la calma che torna: l’agitazione temporanea lascia spazio al respiro non più affannato, ora calmo, ora più profondo, per assaporare con tutti i sensi la forza rigenerante della purezza dell’acqua.
Poi il risveglio alla fine dei 46 minuti e la sensazione di esserti stati immersi in un liquido d’oblio, di cui non si ricorda l’inizio, né la fine. È il passaggio dell’anima nel Lete, simbolica via per dimenticare le colpe terrene ed uscire purificati, per affrontare il paradisiaco Dark side of the moon.
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