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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: ”Enjoy The Silence” – Depeche Mode
Cosa viene in mente ad uno spettatore quando legge una locandina che recita Sound of Metal?
Chitarre distorte, assordanti. Accordature in drop D che si allacciano a voci aggressive, potenti quanto uno schiaffo in faccia. Infatti Sound of Metal inizia proprio così, con un concerto. Ci si ritrova catapultati nella prospettiva di Ruben, il batterista della band: la voce della cantante passa in secondo piano rispetto ai rullanti e alla grancassa.
Poi il silenzio. È mattina e i due cominciano un nuovo giorno con gli occhi ancora impiastricciati: hanno a malapena chiuso occhio. Non c’è nemmeno un filo di musica di sottofondo. Gli spazi sono riempiti da un tappeto sonoro in apparenza insignificante: il frullatore, il caffè che borbotta, il tintinnio maldestro delle posate che Ruben tenta di prendere cercando di non svegliare le ragazza. Già dai primi minuti Darien Marder costruisce il film sul sonoro e sulla sua assenza e lo costella di piccoli momenti come questi. L’obbiettivo è immergere lo spettatore nella vita del batterista che progressivamente perde l’udito.
Per rendere l’esperienza quanto più verosimile -anche per rispetto della comunità sorda- il regista si è avvalso del tecnico del suono Nicolas Becker. Il distacco tra i campi lunghi che rappresentano la percezione sonora del mondo esterno. I primi piani di Ruben per cui ogni suono inizia ad essere sempre più opaco. È tutto disorientante nelle prime scene. Tutte le frequenze alte e medio-alte sono tagliate completamente. Suoni ovattati, brusii e grida che cadono mute, silenzio. Ci si ritrova risucchiati a forza in un mondo che a molte persone non appartiene.
“Ho usato i microfoni più insoliti, dagli idrofoni a un microfono per stetoscopio fai da te. Ho persino registrato con microfoni a contatto, accelerometri e geofoni. Inoltre, ho creato dei microfoni da poter mettere in bocca, in modo da poter registrare il battito cardiaco, il rumore del respiro”
Tutta la colonna sonora è fatta di silenzi, cambi di percezione. L’ambiente viene toccato dal sonoro poche volte da accenti musicali, spesso minimalisti. Molte tracce sono state composte con l’uso di un Cristal Baschet, uno strumento che produce il suono dall’oscillazione di cilindri a vetro. I cilindri devono essere suonati con le dita inumidite per far produrre vibrazione che poi sono fatte passare in un blocco di metallo. È uno strumento che riproduce il riverbero del metallo, è il sound of metal, appunto.
Un film con una premessa così drammatica rischia di scivolare nel melenso, ma Marder evita ogni patetismo e illustra un percorso verso l’accettazione. Passo dopo passo grazie ad una comunità di sordi Ruben impara a giostrarsi in una realtà ormai diversa, ma non per questo in difetto. Se prima c’era il contrasto tra suono e silenzio, ogni rumore viene restituito in maniera autentica allo spettatore. Ruben però si darà subito pace all’idea di non poter vivere di musica come prima. Si opera, ma l’impianto che ottiene non gli restituisce i suoni fedelmente. Ogni cosa è gracchiante, distorta, ma senza l’armonia del concerto. Risulta solo fastidiosa per il protagonista.
Così, come all’inizio, non c’è musica. Ruben spegne il dispositivo e impara ad accogliere la quiete, il suono del silenzio.
Written by: Mariahelena Rodriguez
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