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Soundtrack da ascoltare durante la lettura: “L’ultima diligenza per Red Rock” – Ennio Morricone
Sono poche le parole d’ordine di un film di Tarantino: tensione e violenza. Vanno a braccetto perché la prima è una diretta conseguenza dell’altra. The Hateful Eight non fa eccezione. Dopo un momento di quiete emerge un elemento che spezza l’equilibrio. Si crea quella suspense che persiste fino a che non si risolve il conflitto. Amiamo essere tenuti sulle spine nei film perché l’essere umano si muove tra stati di tensione, ma l’obbiettivo è sempre una stabilità, vecchia o nuova che sia. Un altro elemento da aggiungere al mix per far precipitare ancora di più la tensione -cosa che Tarantino ama fare- è privare i personaggi del controllo della situazione. È come un elastico che il regista tira e tira, mentre carica la scena di tutto il peso emotivo necessario assieme alla giusta musica, finché si spezza. Le conseguenze non sono mai piacevoli.
La musica è parte integrante della suspense. Per The Hateful Eight Tarantino aveva realizzato un suo sogno nel cassetto: affidarsi completamente ad Ennio Morricone per la soundtrack. Il sì del maestro è venuto dopo due rifiuti, Pulp Fiction e Inglorius Basterds. Il regista, fiero della sua discendenza italiana che gli ha donato l’innata abilità della testardaggine, ha usato alcuni brani di Morricone nei suoi film più celebri. Non era musica originale, ma era il massimo che poteva fare. Quando ha ricevuto il fatidico sì, probabilmente avrà stappato lo champagne. Per scrivere la musica di The Hateful Eight Morricone ha avuto a disposizione solo la sceneggiatura e qualche indicazione del regista: indicazioni tracciate appena che avrebbero fatto brancolare nel buio chiunque.
Non aspettatevi fischi degli spaghetti western, tutt’altro. Ogni nota di The Hateful Eight viaggia su un filo teso, non c’è un momento di tregua. I controfagotti avanzano minacciosi sui brevi staccati degli archi in L’Ultima Diligenza per Red Rock. Ci sono costanti vibrazioni, basse e cupe, che mettono l’ascoltatore in uno stato di tensione: sa che qualcosa sta per succedere. Visto il nome del regista, sa anche che quel qualcosa non sono di certo baci e abbracci. Gli otto protagonisti sono costretti a passare il tempo in una baita, almeno finché la tempesta di neve non cessa. Son un gruppo ben assortito di brave persone, quelle che vedresti ogni sera la domenica: spiccano due cacciatori di taglie, una prigioniera, un presunto sceriffo. È un western atipico perché si svolge tutto in un solo luogo, quel che resta è l’irrefrenabile passione di uccidersi.
La colonna sonora, assieme ai colori tetri del film, danno allo spettatore tutte le emozioni di un thriller. Il crocifisso innevato che i cacciatori sorpassano prima di raggiungere la baita diventa un inquietante presagio. A tratti le percussioni risuonano come il ticchettio di un orologio, come se una bomba fosse sul punto di esplodere. La musica anticipa la tensione costante che sovrasta tutto il film, è claustrofobica come la baita in mezzo al nulla dove i protagonisti devono passare la notte. Aspettarsi gli stilemi morriconiani dei vecchi film western sarebbe stato sbagliato, perché, come ogni vero artista, Morricone non sopportava ripetersi.
“Posso ripetere quello con Tarantino quello che ho fatto per Sergio Leone? Sarebbe assurdo. Renderebbe il film di Tarantino orrendo, perché quella musica non è di oggi. Non si aspettavano questa musica, ed è per questo sulle prime non l’hanno capita. Si aspettava qualcosa di totalmente diverso. Ma non gliel’ho dato, perché non volevo dargli qualcosa che già conosceva”
Written by: Mariahelena Rodriguez
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