Conosciamo tutti quanti le diverse circostanze che hanno portato Facebook nell’occhio del ciclone per alcune vicende legate alla violazione della privacy, come il caso Cambridge Analytica e la vendita di Big Data nel periodo elettorale.
In quest’ottica sembrerà antitetica la dichiarazione che il CEO Mark Zuckerberg ha fatto nel video della sua lunga chiacchierata con Jonathan Zittrain, docente di diritto di Harvard: il buon Mark sostiene infatti che “Facebook è stato un innovatore nella privacy”.
In effetti, però, un fondo di verità in questa dichiarazione c’è.
Innanzitutto, dobbiamo pensare a Facebook non come piattaforma, ma come azienda: ciò che il suo patron in quella frase, infatti, si riferiva alle energie spese dalla multinazionale nella sicurezza dei messaggi privati, sul proprio social ma anche sugli altri network di proprietà, come WhatsApp e Instagram.
Quando si parla di privacy, credo che molte delle domande vertano spesso sulle policy legate alla privacy e cose del genere, ma io credo ci sia un altro elemento fondamentale, ossia la richiesta da parte dei consumatori di nuovi strumenti per comunicare, ed è quindi ugualmente importante dare loro il potere di farlo attraverso la privacy: non è solo questione di non violare la privacy.
Mark Zuckerberg
Zuckerberg cita l’introduzione della cifratura end-to-end dei messaggi di WhatsApp come un esempio di questo discorso, visto che assicura agli utenti di tutto il mondo che i governi non intercettino le conversazioni private, cosa che invece negli Stati Uniti molti danno per scontato che accada.
Inoltre, l’azienda sta facendo passi avanti anche per quanto riguarda l’utilizzo del GPS: ad esempio, Messenger consente ora su Android di bloccare la geolocalizzazione automatica. Questa funzione non sarà portata anche su iOS, semplicemente perché già da tempo l’OS mobile di Cupertino consente di decidere per ciascuna app se può accedere o meno alla localizzazione.
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