Durante la lettura si consiglia l’ascolto del brano: “I ate to eat alone – 10cc”
Quando parliamo di mangiare, le prime cose che ci vengono in mente sono le tavole apparecchiate, le pietanze fumanti e la famiglia. Queste immagini sembrano essere in procinto di sparire. Secondo uno studio diretto dal gruppo di ricerca di Dublino, circa un terzo della popolazione mondiale mangia da sola.
Si tratta di una realtà in netta crescita, specie nelle metropoli, ma non nei paesini di provincia. Per quanto riguarda l’Italia, la tradizione è ancora viva e il mangiare da soli è un’usanza inconsueta e perciò mal vista. I ricercatori irlandesi hanno scoperto che coloro che mangiano in solitudine sono soggetti a problemi di diabete, obesità e scompensi di pressione sanguigna, e per di più sono maggiormente esposti a depressione. Oltre alle problematiche di carattere fisico-psicologico, vi sono quelle ambientali: i “solitari” tendono a sprecare maggiori quantità di cibo. Questo avviene a causa delle porzioni predisposte dai supermercati, pensate per il consumo di più persone.
Ma come si è arrivati a questa condizione di isolamento?
La risposta risiede nella frenesia dell’attività lavorativa, nella distanza dei luoghi di lavoro e nel precariato, tutti fattori che hanno determinato l’autosegregazione dell’individuo. In fin dei conti non c’è niente di più bello che condividere un pasto in compagnia delle persone che amiamo. La tavola imbandita può essere il luogo ideale per confrontarsi e interagire.
Come affermato da Cannavacciuolo:
A tavola ci si incontra, si chiacchiera, ci si rilassa, si ride. Talvolta ci si punzecchia, ma il buon cibo fa da paciere. È capace di restituire il buonumore persino al termine di una giornata faticosa.
Antonino Cannavacciuolo
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