Siamo tutti attaccati. Manca l’aria. Fuori piove e dentro la grossa scatola rossa, su cui ancora raramente salgo, scendono delle gocce. Le mie.
Il tempo è scaduto, e anche da troppo tempo.
Nel gennaio di quest’anno, in seguito al caso Weinstein e alla creazione del movimento #MeToo, è nata Time’s up, l’associazione fondata da 330 donne dell’industria dello spettacolo statunitense con lo scopo di combattere le molestie sessuali e qualsiasi altro comportamento inappropriato che si verifichi non solo ad Hollywood, ma anche in un normale posto di lavoro.
Si tratta di una forma di supporto economico e morale non indifferente: è stato infatti istituito un fondo per difese legali pari a 13 milioni di dollari, amministrato dal National Women’s Law Center, un’altra importante organizzazione che si occupa di sostenere donne con basso reddito e ottenere giustizia per le sempre più frequenti violenze sul posto di lavoro.
Quali sono gli scopi che Time’s up ha pubblicamente dichiarato di voler ottenere?
Senza alcuna ombra di dubbio, il più importante riguarda il sostegno nell’istituzione di norme per sanzionare le imprese che tollerano ancora molte delle molestie persistenti.
La produttrice Shonda Rhymes e le attrici Ashley Judd, Eva Longoria, Natalie Portman, Rashida Jones, Emma Stone, Kerry Washington e Reese Witherspoon, ovvero le principali promotrici dell’organizzazione, intendono quindi aiutare le donne di tutto il mondo a denunciare i loro aggressori e soprattutto proteggerle dalle troppo spesso gravi conseguenze che questi loro atti di coraggio comportano.
Un altro obiettivo dichiarato è quello di raggiungere la parità di genere nelle case di produzione e nelle agenzie di spettacolo, che da sempre offrono stipendi più consistenti al genere maschile.
Molte attrici nel corso degli anni hanno avuto il coraggio di rivendicare questa netta ed ingiusta differenza, tra cui ricordiamo Jennifer Lawrence e le sue dure parole:
“Quando i leak della Sony sono stati resi pubblici e ho scoperto che venivo pagata meno rispetto agli uomini mi sono molto arrabbiata. Ho fallito come negoziatrice perché ho rinunciato subito. Non volevo sembrare difficile o viziata quando negoziavo le offerte per i film. All’epoca mi era sembrata una buona idea, finché non ho visto su internet gli stipendi e non ho realizzato che ogni uomo con cui stavo lavorando non si preoccupava affatto di essere difficile o viziato.”
È bene sottolineare che l’associazione Time’s up non è composta da alcuna gerarchia, ma opera per gruppi di lavoro gestiti da volontari, e tra i suoi principali finanziatori troviamo Meryl Streep e Steven Spielberg. L’iniziativa per cui l’organizzazione è ricordata maggiormente è la #WhyWeWearBlack dei Golden Globes 2018: il tappeto rosso della tanto ambita cerimonia è diventato lo scorso febbraio testimone di una società che vuole cambiare. Emma Watson, Jessica Chastain e Meryl Streep sarebbero state le menti dietro l’appello dell’associazione di vestirsi di nero durante quest’importantissimo evento per mostrare solidarietà e supporto. Nessun partecipante, uomo e donna, si è tirato indietro: ciascuno di essi ha indossato capi di abbigliamento rigorosamente neri, sfoggiando anche la spilla con il logo di Time’s Up.
Emma Watson spiega:
“Per la prima volta io e le mie colleghe con cui lavoro ogni giorno ci siamo sedute intorno a un tavolo e abbiamo parlato delle nostre reciproche esperienze in maniera aperta e in un clima di condivisione. Dobbiamo continuare promuovere questo scambio, per cambiare davvero le cose.”
Recentemente Christine Blasey Ford, una docente universitaria che ha accusato il giudice americano Brett Kavanaugh di averla molestata ai tempi del liceo, è stata difesa proprio da Time’s Up, che lo scorso 24 Settembre ha invitato le donne di tutto il mondo a mobilitarsi da casa, lavoro o scuola, per esprimere la loro solidarietà nei confronti della docente universitaria.
Tutte le donne che sono state impossibilitate a mobilitarsi per il cosiddetto “walk out”, hanno avuto la possibilità di sostenere il caso attraverso un video o una foto su social media con l’hashtag #BelieveSurvivors.
Ovviamente, le smentite del giudice e della Casa Bianca sono arrivate pressoché subito: entrambi l’hanno definita una contorta campagna di diffamazione.
Scendo dalla grande scatola rossa. Mi accorgo che sono pallida in viso e che sto tremando.
Mi chiedo se mai finirà il supplizio di dover sentire il peso di una pressione addosso.
[sms_redbutton link=”https://www.timesupnow.com/”]Clicca qui per il sito di Time’s up![/sms_redbutton]
Il 900’ fu il secolo che condusse l’uomo ad una nuova percezione di se. L’ambiente culturale di questo periodo sfornò alcune delle teorie più rivoluzionarie. Tra le varie idee del periodo si sviluppò, tramite la mente di Friedrich Nietzsche, l’idea di oltre uomo, ovvero di colui che, pieno di coraggio e amore per il fato, distrugge le tradizioni per cercare e creare qualcosa di nuovo. Il mondo della musica è pieno […]
Post comments (0)