Mai come in questi ultimi tempi l’argomento della diversità, in ogni sua sfaccettatura, aleggia ovunque: viviamo nell’era della Globalizzazione, nella quale l’apporto fornito dall’altro, da ciò che è a noi estraneo, dovrebbe suscitare gioia e curiosità. Si sa però che il pregiudizio, purtroppo, è sempre in agguato. Una nuova pellicola prova a farci aprire gli occhi su quanto la diversità possa realmente arricchirci: ecco in arrivo un documentario dai tratti molto particolari.
La sfida di fondo è quella che ci propone Gianni Vukaj, il quale ha realizzato un corto della durata di appena 50 minuti in collaborazione con AIAS (Associazione Italiana Assistenza Spastici). Il film è stato dapprima trasmesso solo a Pistoia, per poi essere proiettato in tutti i Cinema italiani, a partire dal 6 dicembre 2018.
Viaggiamo all’indietro e ci ritroviamo nell’estate di qualche anno fa. Piombiamo in un periodo nel quale il concetto che si aveva del diverso era davvero di diffidenza, e suscitava timore anche il solo avvicinarsi a qualcuno di estraneo. In un passato se vogliamo un po’ distopico, un gruppo di donne e uomini sceglie di abbandonare i pregiudizi e di dedicarsi alla cura e alla felicità delle persone diversamente abili.
Un panorama di tutto rispetto, quindi, quello che funge da cornice alle vicende narrate: il mare che vedrete è quello della splendida Versilia (Toscana). Oltre al sole e alla spensieratezza delle belle nuotate rinfrescanti, è anche un altro il punto cardine di questa magica storia di altruismo: la Bellezza.
Il concetto di Bello è uno dei temi che, fin dalla notte dei tempi, hanno maggiormente attratto l’uomo, tanto da essere il nocciolo di numerose discussioni a carattere filosofico e culturale. Ebbene, il Bello protagonista della pellicola, altro non è che l’interiorità delle persone, che infonde nello spettatore l’idea che l’apporto dato dall’altro, indipendentemente dal colore, dalla razza o dalla religione, può notevolmente arricchire il nostro personale livello culturale.
Oltre al bello, traspare dai fotogrammi anche un leggero alone di malinconia: emerge, infatti, la sofferenza dei parenti e amici dei diversamente abili. La consapevolezza di questa condizione è, però, anche la spinta ad agire di cui queste famiglie hanno sempre avuto bisogno.
L’intento del film non è quello di suscitare compassione negli occhi di chi guarda, bensì di accendere una luce su come l’essere “normodotati” non significhi essere superiori agli altri, e che solo l’incontro con un mondo diverso al nostro può farci crescere e maturare davvero.
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