L’estate più bella: il documentario che mostra come la diversità possa diventare ricchezza
Scritto da Chiara Mezzina il 18 Febbraio 2019
Mai come in questi ultimi tempi l’argomento della diversità, in ogni sua sfaccettatura, aleggia ovunque: viviamo nell’era della Globalizzazione, nella quale l’apporto fornito dall’altro, da ciò che è a noi estraneo, dovrebbe suscitare gioia e curiosità. Si sa però che il pregiudizio, purtroppo, è sempre in agguato. Una nuova pellicola prova a farci aprire gli occhi su quanto la diversità possa realmente arricchirci: ecco in arrivo un documentario dai tratti molto particolari.
La sfida di fondo è quella che ci propone Gianni Vukaj, il quale ha realizzato un corto della durata di appena 50 minuti in collaborazione con AIAS (Associazione Italiana Assistenza Spastici). Il film è stato dapprima trasmesso solo a Pistoia, per poi essere proiettato in tutti i Cinema italiani, a partire dal 6 dicembre 2018.
Viaggiamo all’indietro e ci ritroviamo nell’estate di qualche anno fa. Piombiamo in un periodo nel quale il concetto che si aveva del diverso era davvero di diffidenza, e suscitava timore anche il solo avvicinarsi a qualcuno di estraneo. In un passato se vogliamo un po’ distopico, un gruppo di donne e uomini sceglie di abbandonare i pregiudizi e di dedicarsi alla cura e alla felicità delle persone diversamente abili.
Un panorama di tutto rispetto, quindi, quello che funge da cornice alle vicende narrate: il mare che vedrete è quello della splendida Versilia (Toscana). Oltre al sole e alla spensieratezza delle belle nuotate rinfrescanti, è anche un altro il punto cardine di questa magica storia di altruismo: la Bellezza.
Il concetto di Bello è uno dei temi che, fin dalla notte dei tempi, hanno maggiormente attratto l’uomo, tanto da essere il nocciolo di numerose discussioni a carattere filosofico e culturale. Ebbene, il Bello protagonista della pellicola, altro non è che l’interiorità delle persone, che infonde nello spettatore l’idea che l’apporto dato dall’altro, indipendentemente dal colore, dalla razza o dalla religione, può notevolmente arricchire il nostro personale livello culturale.
Oltre al bello, traspare dai fotogrammi anche un leggero alone di malinconia: emerge, infatti, la sofferenza dei parenti e amici dei diversamente abili. La consapevolezza di questa condizione è, però, anche la spinta ad agire di cui queste famiglie hanno sempre avuto bisogno.
L’intento del film non è quello di suscitare compassione negli occhi di chi guarda, bensì di accendere una luce su come l’essere “normodotati” non significhi essere superiori agli altri, e che solo l’incontro con un mondo diverso al nostro può farci crescere e maturare davvero.