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Cultura

L’Arminuta, di Donatella Di Pietrantonio

today12 Ottobre 2018

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Copertina del libroRestavo orfana di due madri viventi. Una mi aveva ceduta con il suo latte ancora sulla lingua, l’altra mi aveva restituita a tredici anni. Ero figlia di separazioni, parentele false o taciute, distanze. Non sapevo più da chi provenivo. In fondo non lo so neanche adesso”.

 

Di cosa parla. Colpisce sin da subito la durezza di questo meraviglioso romanzo, diviso a metà tra una famiglia segnata dalla povertà materiale e l’altra da quella d’animo, tra le terre brulle dei paesi d’Abruzzo e le tranquille cittadine costiere sottostanti.
Al centro di questa enorme faglia, si staglia un’unica, esile figura: è l’Arminuta, “la ritornata”.

La vicenda ci viene raccontata attraverso le parole di questa donna, che percorre a ritroso gli anni per narrarci di come, da ragazza, sia stata improvvisamente ed inspiegabilmente restituita alla sua povera e numerosa famiglia biologica.
Lasciarsi tutto alle spalle, dire addio alla vita agiata di sempre, abbandonare la propria bella casa per finire a condividere un materasso sudicio con una sorella sconosciuta ed una parca mensa con i propri fratelli è l’unica opzione che viene imposta alla protagonista senza nome di questa storia di solitudine e rinascita.

Mentre il tempo trascorre in questa nuova realtà a cui è difficile adattarsi, l’ansietà e la preoccupazione della giovane per la propria madre adottiva, Adalgisa, della quale non ha più notizie da quando questa sembra essersi ammalata, cresce ogni giorno di più, e le rare occasioni in cui l’adolescente si azzarda a domandare di lei ai genitori biologici, questi troncano con un’accetta di impazienza e di stizza il discorso, senza mai darle una risposta concreta.
Nel frattempo, si avvia per l’Arminuta (così viene chiamata malignamente dai nuovi compagni di scuola) un capitolo di vita ricco di avvenimenti che, messi insieme, segnano un fondamentale momento di evoluzione interiore: dall’infatuazione per quel bel delinquente di Vincenzo, al quale sembra non importare affatto del legame di sangue quand’egli nella notte le si avvicina e la sfiora con desiderio, fino all’improvvisa e tragica morte del ragazzo a seguito di un’ennesima fuga in motorino; da un’infanzia di amiche e svaghi, ad un’adolescenza votata al duro lavoro, al sacrificio e ad un nuovo tipo di legame, quello genuino e fortemente materno instauratosi con la piccola, problematica, ma già così adulta sorellina Adriana.

Tuttavia, arriva un momento per la protagonista in cui la verità diventa un’irrinunciabile necessità, e quel momento raggiunge il suo culmine quando la ragazza avvia la sua personale indagine per scoprire le cause profonde del suo inspiegabile abbandono e dell’assordante silenzio di Adalgisa: scoprirà, infatti, nella maniera più cruda possibile, che dietro alla sua restituzione alla famiglia biologica altri non c’è che la nascita di un bambino più pregevole di lei, in quanto insperato figlio biologico.

Riuscirà l’Arminuta ad accettarlo e a riavvicinarsi alla madre adottiva? Sentirà mai di appartenere in maniera vera e genuina ad una delle due famiglie, o graverà per sempre sulle sue spalle il peso dell’anomalia di questi rapporti incompiuti?

Perché consigliarlo. Il tema dell’abbandono è ancora oggi oggetto di acceso dibattito: come può una madre arrivare a lasciare così la sua creatura? E, viceversa, cosa potrebbe mai portare all’improvvisa dissoluzione dell’istinto materno di una donna verso una bimba scelta come figlia nel momento in cui subentra una nuova vita frutto del suo seno? Che l’amore sia forse una forza ben quantificata, da distribuire con grande parsimonia verso i soggetti ritenuti più degni, togliendola agli altri, di modo da non sprecarla? Questo struggente, aspro, magnifico racconto va a toccare proprio queste tematiche, senza dare il benché minimo giudizio, ma trasportando con la forza di una zattera in un mare in tempesta il lettore alla scoperta di quanta sofferenza, incredulità e confusione un simile atto comporti nell’animo di chiunque ne rimanga coinvolto.

Per chi consigliarlo.
L’Arminuta, pur non essendo esente da passaggi piuttosto crudi e drammatici, presenta uno stile di scrittura apprezzabile e facilmente accessibile a chiunque. Non è necessaria un’approfondita conoscenza del dialetto abruzzese, che si affaccia timidamente in vari punti di ciascuna pagina, ma senza la minima invadenza.

Written by: Veronica Di Sero

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