La dichiarazione dell’ESA (Agenzia Spaziale Europea) di alcuni giorni fa ha lasciato il mondo a bocca aperta: l’utilizzo di stampanti 3D per riprodurre tessuti umani costituirà la chiave di volta per permettere agli astronauti di raggiungere Marte entro pochi anni.
Sebbene oggi una simile affermazione provochi un senso di vertigine in chi legge, va pur sempre considerato che fino a ieri nessuno avrebbe mai creduto possibile al di là della fantascienza costruire organi e agglomerati di cellule funzionanti attraverso la tecnica della bio-stampa.
Le cellule della pelle possono essere bio-stampate usando plasma umano come un bio-inchiostro ricco di nutrienti – che sarebbe facilmente accessibile ai membri dell’equipaggio in missione su Marte. Tuttavia, il plasma ha una consistenza estremamente fluida, rendendo la stampa difficile in condizioni gravitazionali diverse da quella che troviamo sulla Terra.
Così uno degli scienziati dell’Ospedale universitario dell’Università tecnica di Dresda (TUD) dietro la creazione dei campioni di ossa e pelle di ultima generazione ha descritto il grande potenziale di questa innovazione in ambito aerospaziale.
L’idea alla base del rivoluzionario progetto, che coinvolge il sistema OHB e la Blue Horizon, la nota società specializzata in scienze della vita, è quella di dotare le astronavi di una stampante 3D per dare agli astronauti la possibilità di ovviare prontamente ad eventuali problemi di natura medica e risparmiare prezioso spazio di carico per altre attrezzature, cosa che un ingombrante kit medico a trecentosessanta gradi non consentirebbe. In questa maniera il lungo e pericoloso periodo di percorrenza dei viaggiatori spaziali sarebbe più sicuro, anche se resta da lavorare ancora su molte incognite, prima tra tutte come maneggiare il plasma, altamente fluido, in un ambiente diverso da quello terrestre.
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