Contrariamente alle aspettative, uno studio condotto nella Boston University, utilizzando i dati registrati tra il 2000 e il 2017 asserisce che la superficie totale del nostro pianeta avrebbe guadagnato in termini di vegetazione un quantitativo di ettari paragonabile all’estensione della Foresta pluviale in Amazzonia.
Nonostante la desertificazione e la perdita inarrestabile di preziose specie vegetali nelle zone tropicali della Terra sia un dato di fatto ancora persistente e soprattutto non compensabile dall’aumento di verde in altre parti del pianeta, è stato rilevato che, oggettivamente, non è corretto affermare che il bilancio complessivo di vegetazione terrestre sia in calo, anzi: come hanno dimostrato i dati satellitari raccolti dalla NASA, sono proprio le nazioni solitamente additate come le più inquinanti ed insensibili alle tematiche ambientali, vale a dire Cina e India, quelle che hanno riscontrato una maggiore crescita di area fogliare della vegetazione.
Basti sapere che solo la Cina è responsabile del 25% dell’incremento netto dell’inverdimento globale!
I fattori (diretti e indiretti) legati a questo insolito risultato sono diversi: per quanto riguarda la prima categoria, concorre certamente la gestione dell’uso del suolo terrestre da parte dell’uomo; rientrano nella seconda categoria, invece, i cambiamenti climatici, l’uso di fertilizzanti da anidride carbonica e la deposizione di azoto sul terreno.
Questi i dati principali raccolti dai satelliti NASA ed elaborati dalla Boston University, numeri che certamente sorprendono, ma che non devono instillare nelle persone, come ricordano gli studiosi nella rivista scientifica Nature, dove lo studio è stato pubblicato, l’idea sbagliata che questo da solo basti a compensare le gravissime perdite a livello di equilibri e biodiversità in atto nelle altre regioni del pianeta, in primis quelle tropicali: la nostra battaglia per salvare il pianeta è tutt’altro che vinta.
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