Sin da quando esistono i contenuti multimediali i produttori e i rivenditori si sono trovati a dover combattere con la pirateria: il “furto” dei files per il commercio illegale è una piaga per tutti i creatori di contenuti, o almeno questo è quello di cui si era convinti finora.
Non la pensa così un gruppo di ricercatori della Kelley School of Business della Indiana University, che nel suo studio “The hidden treasure of digital piracy? Can boost bottom line for manufacturers, retailers”, mostra che la pirateria, se moderata, può avere effetti benefici sia per i consumatori che agiscono legalmente che per l’industria stessa.
Per far comprendere il fenomeno, i ricercatori hanno portato l’esempio della serie tv cult di HBO Game of Thrones: in vista dell’uscita dell’ottava stagione, infatti, il downloading e lo streaming illegale procedono senza freni. Gli studiosi della Kelly School sono convinti che ciò non sia un elemento negativo poiché “riduce, o elimina totalmente a volte, l’effetto negativo della doppia marginalizzazione.”
Cos’è questa doppia marginalizzazione? Per capirlo facilmente prendiamo l’esempio di un produttore come HBO e un distributore satellitare, streaming o via cavo. Ipotizzando un prezzo fisso all’ingrosso per il primo e nessun costo ulteriore per i secondi, entrambi cercheranno di massimizzare i profitti in relazione ai loro “monopoli”. A quel punto l’utente finale si troverà di fronte un prezzo finale che nasconde due ricarichi.
Diverso il caso, invece, se si trattasse di un’unica realtà verticale, che ne applicherebbe uno solo. In questa ottica, la pirateria si pone come una “concorrenza ombra” in un mercato altrimenti monopolistico, costringendo di conseguenza produttori e rivenditori a rivedere i prezzi per l’offerta.
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