Prima di affrontare qualsiasi argomento bisogna sfatare ciò che molti hanno preso per vero dall’istante in cui la notizia è stata divulgata: la barriera corallina australiana non è morta.
Una speranza di recupero c’è ancora, seppur molto piccola, anche se certamente questa meraviglia non è nelle migliori condizioni.
Infatti, tra il 2016 e il 2017 ha subito un disastroso sbiancamento di massa che costituisce il terzo e più grave evento di questo tipo dal 2002.
Questo recente disastro ha portato allo sbiancamento del 90% dei coralli e alla morte del 20%, in particolare al nord in cui è rimasto solo ⅓ dei coralli. Ciò avviene in seguito all’abbandono di particolari alghe che li nutrono e determinano il loro caratteristico colore rosso.
È la prima volta nella storia dello sbiancamento della barriera, iniziato 18 anni fa e che a quanto dicono gli studiosi interessa ormai tutto il complesso corallino, che due eventi si verificano senza una pausa di alcuni anni; questo potrebbe andare ad aggravarsi nel giro di poco tempo, provocando l’effettiva morte di tutti i coralli che hanno bisogno di almeno 5 anni per riprendersi da un singolo sbiancamento.
L’unica speranza di salvezza sarebbe intervenire in tempi brevissimi sulla principale causa di questo processo: il riscaldamento globale, che ha portato la temperatura degli oceani ad alzarsi anche di 4 gradi.
Oltre all’enorme impatto ambientale che ci interesserebbe ugualmente, nonostante l’Australia sia molto lontana da noi, quel paese perderebbe una delle principali attrazioni turistiche che possiede, mentre molti curiosi viaggiatori perderebbero la possibilità di vedere una delle bellezze più straordinarie presenti in natura.
È quindi ancora affrettato darla per morta ma, come tanti altri ambienti nel mondo, è molto a rischio e sta anche a noi fare una piccola parte per salvare questi piccoli tesori che Madre Natura ci offre.
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